Alla fine degli anni Cinquanta, in un mondo pressoché totalmente presidiato da uomini, il produttore Lucisano le propone di girare un documentario e lei sceglie di raccontare una realtà scomoda insieme a un autore altrettanto scomodo, Pier Paolo Pasolini; nascono così Ignoti alla città (1958), Stendalì (1960), La canta delle marane (1962). In pochi minuti questi documentari condensano la poetica che orienterà tutta la carriera di Cecilia: dare voce a coloro che vivono ai margini, mostrare la desolazione della campagna devastata dal cemento delle periferie, registrare gli ultimi istanti di vita dei rituali della cultura contadina e pre-cristiana, spazzata via dall’avvento della civiltà industriale e dei consumi.
Il suo archivio che è anche quello del documentarista Lino Del Fra (1929-1997) suo compagno di lavoro e di vita, è oggi disponibile alla consulatazione in bilbioteca. Dalle carte emerge l’immagine di una classe dirigente che dopo la guerra cerca a tutti i costi di raggiungere il benessere e per farlo è disposta a tutto, dalla rimozione del suo recente passato fascista, alla censura di ogni forma di contestazione.