Le foto del babbo: domani al Modernissimo lo spettacolo di Giorgio Comaschi dedicato al padre, il fotoreporter Nino Comaschi

Giovedì 6 marzo, ore 20.15, Cinema Modernissimo

Uno spettacolo per raccontare il grande fotoreporter bolognese Nino Comaschi (1907-1980): Le foto del babbo andrà in scena giovedì 6 marzo alle ore 20.15 al Modernissimo con Giorgio Comaschi nei panni del padre.

Le foto di Nino Comaschi sono raccolte nel volume che porta lo stesso titolo, Le foto del babbo, pubblicato dalle Edizioni Cineteca di Bologna e curato, come lo spettacolo, da Giorgio Comaschi e Giuseppe Savini.

“Non mi sarei mai immaginato di raccontare Nino, mio babbo, in questo modo. Calandomi nei suoi panni, parlando con la sua voce”, dice Giorgio Comaschi. “Dopo tanti anni, dal 1980 per l’esattezza, da quando, come dice qualcuno a Bologna con un’espressione bellissima, è andato a star via. Cioè ha cambiato casa. L’idea di parlare di Nino in prima persona mi ha fatto provare un’emozione alla quale non so se resisterò quando sarò sul palco, con la sua Rollei 6×6 a tracolla, a rappresentare lo spettacolo. Troppo forte, troppo profonda. Ho conosciuto Nino di più facendo questo lavoro di quanto l’ho conosciuto nel periodo in cui l’ho vissuto da vicino. Quando più che un babbo era un amico grande, nel senso dei quarantasette anni di differenza. Dalle mie paure del buio, da piccolo, nella sua

camera oscura, quando sviluppava le foto, con solo la lucina della brace della sigaretta, al rito dell’andare allo stadio insieme alla domenica, dietro alla porta con lui e con la Leica a tracolla”.

Trent’anni al “Resto del Carlino”. Trent’anni da fotoreporter a guardare e a raccontare Bologna e quello che accadeva. Giornate a cercare la notizia, ad accompagnare i giornalisti, a seguire comizi, funerali, adunate, eventi sportivi, spettacoli, disgrazie; e poi le notti a fare la chiusura, ad aspettare le bozze appena uscite dalle rotative o a fare “il giro” tra questura e ospedali.

È questo il racconto in prima persona di Nino Comaschi, ricostruito da due innamorati di Bologna, suo figlio Giorgio, attore e performer, che questa storia la porta anche sul palcoscenico, e Giuseppe Savini, storico, studioso e appassionato di fotografia. Un racconto imbastito attraverso i ricordi e gli aneddoti che Nino ha lasciato, ma soprattutto grazie al suo sterminato archivio fotografico, ora conservato dalla Cineteca di Bologna.

Comaschi lavorò al “Carlino” dal 1935 fino agli anni Settanta, passando pian piano dalla macchina fotografica a quella da scrivere. Anni che portarono dalle adunate oceaniche a un progressivo sgretolamento del regime ormai avviato a passo di marcetta verso la catastrofe. Poi la guerra, la Liberazione e il boom. Una parabola e una comunità che Comaschi ha saputo cogliere anche dietro le quinte delle occasioni ufficiali, grazie al suo sguardo disincantato e “distratto” – come preferiva definirlo –, attento agli aspetti modesti e quotidiani, a volte bislacchi, del vivere.

Articoli correlati