“Non mi sarei mai immaginato di raccontare Nino, mio babbo, in questo modo. Calandomi nei suoi panni, parlando con la sua voce”, dice Giorgio Comaschi. “Dopo tanti anni, dal 1980 per l’esattezza, da quando, come dice qualcuno a Bologna con un’espressione bellissima, è andato a star via. Cioè ha cambiato casa. L’idea di parlare di Nino in prima persona mi ha fatto provare un’emozione alla quale non so se resisterò quando sarò sul palco, con la sua Rollei 6×6 a tracolla, a rappresentare lo spettacolo. Troppo forte, troppo profonda. Ho conosciuto Nino di più facendo questo lavoro di quanto l’ho conosciuto nel periodo in cui l’ho vissuto da vicino. Quando più che un babbo era un amico grande, nel senso dei quarantasette anni di differenza. Dalle mie paure del buio, da piccolo, nella sua camera oscura, quando sviluppava le foto, con solo la lucina della brace della sigaretta, al rito dell’andare allo stadio insieme alla domenica, dietro alla porta con lui e con la Leica a tracolla”.
“L’idea di questo spettacolo – racconta Giuseppe Savini –, che poi è diventato un libro e un’esposizione, viene dalla mostra Bologna Fotografata, allestita nel 2023 dalla Cineteca, nella quale raccontammo non solo storie di foto, di persone e luoghi, ma anche di quanti avevano realizzato quegli scatti: i fotografi. Tra le migliaia di immagine e le decine di fondi fotografici consultati per preparare la mostra, l’Archivio Comaschi mi è rimasto impresso. Del suo lavoro, più che di altri, mi pareva potesse essere facile, curioso e divertente, seguirne le orme scoprendo la Bologna che ci ha voluto lasciare”.
Trent’anni al “Resto del Carlino”. Trent’anni da fotoreporter a guardare e a raccontare Bologna e quello che accadeva. Giornate a cercare la notizia, ad accompagnare i giornalisti, a seguire comizi, funerali, adunate, eventi sportivi, spettacoli, disgrazie; e poi le notti a fare la chiusura, ad aspettare le bozze appena uscite dalle rotative o a fare “il giro” tra questura e ospedali.
È questo il racconto in prima persona di Nino Comaschi, ricostruito da due innamorati di Bologna, suo figlio Giorgio, attore e performer, che questa storia la porta anche sul palcoscenico, e Giuseppe Savini, storico, studioso e appassionato di fotografia. Un racconto imbastito attraverso i ricordi e gli aneddoti che Nino ha lasciato, ma soprattutto grazie al suo sterminato archivio fotografico, ora conservato dalla Cineteca di Bologna.
Comaschi lavorò al “Carlino” dal 1935 fino agli anni Settanta, passando pian piano dalla macchina fotografica a quella da scrivere. Anni che portarono dalle adunate oceaniche a un progressivo sgretolamento del regime ormai avviato a passo di marcetta verso la catastrofe. Poi la guerra, la Liberazione e il boom. Una parabola e una comunità che Comaschi ha saputo cogliere anche dietro le quinte delle occasioni ufficiali, grazie al suo sguardo disincantato e “distratto” – come preferiva definirlo –, attento agli aspetti modesti e quotidiani, a volte bislacchi, del vivere.
————————————–
Le foto del babbo
Uno spettacolo, un libro, una mostra per festeggiare il nuovo anno
A cura di Giorgio Comaschi e Giuseppe Savini
Promosso dalla Cineteca di Bologna, con il sostegno istituzionale di Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, Ministero della Cultura, e il contributo di Emil Banca