I vincitori
Buona la terza. L’edizione 2020 del festival Visioni Italiane è stata portata finalmente al traguardo. Sì, finalmente: mai come in questa occasione si utilizzerà un vocabolo più calzante. Perché in quest’annata infelice anche il fiore all’occhiello degli esordi italiani, che da ventisei edizioni anni calca i palcoscenici della Cineteca di Bologna, ha dovuto subire ampie rivisitazioni, tanto in termini di location quanto in termini di programma. Un’edizione in presenza fissata per marzo, poi rinviata a ottobre e infine approdata online sulla piattaforma MYmovies a novembre. Un cartellone che includeva la ormai consolidata rubrica Visioni Sarde, sostituita in corsa dalla puntualissima Visioni in Lockdown.
Tuttavia, a fronte dei numerosi ostacoli, la sala vuota è stato l’unico vero cruccio di questo “festival che non si doveva fare”, così lo ha definito ironicamente il direttore Gian Luca Farinelli, dall’alto profilo. Da un paio di decenni termometro degli umori del cinema italiano, il cartellone di Visioni Italiane formato virtuale ha convinto per ricchezza e varietà. Un ventaglio di narrazioni e di generi, una gamma assortita di sensibilità e vedute, che ha trovato le giurie concordi nel manifestare il loro entusiasmo.
Un pensiero prima della cerimonia di premiazione è stato rivolto alla regista prematuramente scomparsa Valentina Pedicini, che proprio al festival aveva portato due storie sugli abissi: il documentario Dal Profondo, un appassionato viaggio al centro della terra attraverso gli occhi, il corpo e i pensieri di una minatrice; e il corto Era ieri (il quale è stato d’ispirazione ad Anna di Martino e Massimo Sordella per la creazione del premio Young for Young), sui recessi dell’amore e dell’adolescenza, scoperti così, senza aspettarselo, in un giorno di fine estate.
Ad aprire le danze è il premio I(n)soliti ignoti – Nuovi protagonisti del cinema italiano, premio assegnato alle migliori opere prime e seconde della stagione cinematografica passata. La giuria degli Amici e Sostenitori della Cineteca, presieduta dall’attore e regista Edoardo Gabbriellini, ha designato come vincitore Il corpo della sposa di Michela Occhipinti. Il lungometraggio, riflessione su quanto ancora gli standard di bellezza possano essere utilizzati come strumenti di repressione femminile, sarà stampato su pellicola 35mm dal laboratorio l’Immagine Ritrovata.
Il concorso principale ha stupito per qualità e solidità e anzi, i giurati si sono detti sollevati di aver avuto la possibilità di attribuire più riconoscimenti, tanti sono stati i titoli meritevoli. Come è avvenuto nella precedente edizione, gli onori vanno a un’opera di animazione. La giuria composta da Stefano Cipani, Michele D’Attanasio, Davide Morosinotto, Fulvio Risuleo e Valia Santella, insignisce il premio Miglior Film a Memorie di Alba di Andrea Martignoni e Maria Steinmetz. Un progetto che parte da lontano, da una grande storia d’amore nella Bologna degli anni Cinquanta: quella tra Alba e Pierino. Il figlio, Martignoni, un giorno registrò la testimonianza della madre e con la moglie, l’incantevole animatrice Steinmetz, decise qualche tempo dopo di trasporla in un breve documentario. Il risultato è un piccolo gioiello che si muove in punta di piedi, timido e riservato come i due protagonisti, personalissimo e toccante.
Simone Bozzelli vince il premio per la Miglior Regia con Amateur. Il talentuoso filmmaker, in concorso al festival con ben due titoli, firma un lavoro che percorre il labile terreno dell’innocenza e dell’ambiguità, tra intime esplorazioni e giochi pericolosi. Un’intromissione tra due anime dissimili al limitare della complicità che regala al pubblico forse l’interpretazione femminile più sincera e garbata di tutta la selezione. Il corto si porta a casa anche il premio per la Miglior sceneggiatura attribuito dagli allievi del corso di scrittura fiction di Bottega finzioni.
Si aggiudicano la Menzione speciale Il posto della felicità di Aliosha Massine, celebrazione dei sentimenti in tutte le loro sfumature in comunione con la natura, e Accamora di Emanuela Muzzupappa, mistery sui generis al ritmo della controra meridionale. Il riconoscimento Young for Young per la migliore opera che affronti il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza va a Sufficiente di Maddalena Stornaiuolo e Antonio Ruocco, su un rito di passaggio istituzionale per un ragazzino che, come tanti a Scampia, è cresciuto troppo in fretta.
Gli studenti e i docenti della Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna coordinati dal prof. Carlo Alberto Nucci conferiscono invece il premio per il Miglior contenuto tecnico al cortometraggio Alma di Michelangelo Fornaro. In questo film d’animazione, la sostanza materica si fa tratto fantasmatico: dalla texture alla linea, dalla grevità alla lievità, il regista unisce materiale fotografico, argilla e disegno a mano libera per illustrare il faticoso passaggio dall’instabilità e dalle fissazioni, alla possibilità di chiarimento, di distensione con i propri demoni interiori.
La competizione Visioni Doc 2020 rappresenta probabilmente la vetta del festival nella sua interezza, per la sua molteplicità di linguaggi, sguardi e soggetti e per l’acutezza e l’intensità con cui tali storie sono state raccontate. La giuria composta da Beniamino Barrese, Gloria Aura Bortolini, Giovanni Egidio, Simone Isola, Nicola Mazzanti, all’unanimità ha consegnato il premio al Miglior Documentario a Life is but a dream di Margherita Pescetti. Tutto quello che desidera Gedalia, ebreo ortodosso, è realizzare – come tanti immigrati prima di lui – il suo Sogno Americano. Nulla di cui rimproverarsi. Se non fosse che l’orticello da lui prescelto si trova in una tra le terre più arroventate del Mediterraneo, la Palestina. Pescetti filma i suoi coloni (trovati fortunosamente) tra contraddizioni e duro lavoro, tra Daft Punk e preghiera. Pur schierata, la regista dà modo alla famiglia di muoversi senza calcare la mano, senza sospingerli verso la conferma delle sue tesi. La sapienza di un documentarista risiede anche lì: nel lasciare che l’opera parli da sé.
La Menzione speciale e il Premio D.E-R. attribuito da studenti Dams va a The observer di Rita Andreetti. La regista punta i riflettori sull’artista e documentarista Hu Jie, monitorato e arginato dalle autorità cinesi ma tollerato quanto basta da essergli concessa “la libertà”. Un’immersione potente nella sua vita e nella sua arte (che sono a conti fatti la medesima cosa), sì critica e dissidente ma mai urlata, mai prevaricatrice, mai barricadiera.
L’assenza della figura materna accomuna i mediometraggi vincitori del premio Young for Young, Marisol di Camilla Iannetti e Zigulì di Francesco Lagi: nel primo caso una carenza ricercata nel culto della Madonna della Mercede, nel secondo un rapporto simbiotico padre-figlio necessario pur nel fastidio, viscerale pur nella frustrazione. Premio speciale per la comunicazione storica e la documentazione del presente assegnato da una giuria composta da studenti del Master di Comunicazione Storica dell’Università di Bologna va a Armonia di Giovanni Mauriello e Letizia Salerno Pittalis. Il ritratto è quello di Laura Righi, donna larger than life, prima in Italia a essersi sottoposta all’intervento di riassegnazione del sesso. Mathieu Volpe riceve il premio Miglior sceneggiatura attribuito dagli allievi del corso di scrittura non fiction di Bottega finzioni per Notre Territoire, una testimonianza parca e riflessiva in Super8 del profondo sud del caporalato.
Chiudono la lista dei vincitori Il muro bianco (sussurrata ma incisiva denuncia dell’immobilismo istituzionale) di Andrea Brusa e Marco Scotuzzi, primo premio della categoria Visioni Ambientali, offerto da Villaggio della Salute Più; e Apollo 18 (l’incontro e la connessione su una spiaggia di due realtà agli antipodi) di Marco Renda, primo premio della categoria Visioni Acquatiche, offerto da Mare Termale Bolognese.
Visioni Italiane 26 rimarrà negli annali della manifestazione non solo per l’atipica conformazione che ha dovuto assumere per sopperire alle ben note circostanze esterne, ma anche – lo si ripeterà – per la bellezza dei titoli proposti. Il rammarico di non aver potuto dare lustro e visibilità a opere che già di per sé sono destinate a rimanere nell’ombra è tanto. Soprattutto, è mancata la condivisione di un momento unico e che non sarà più ripetibile. Ma il festival degli esordi non si ferma. Un’altra edizione è già in cantiere. Per tutti quei fiori di sottobosco, nascosti dalla vegetazione e dagli alberi, che attendono uno spiraglio di luce.
di Sofia Tinti
Corso di alta formazione per la diffusione della cultura e del patrimonio cinematografico (Rif. PA. 2019-11896/RER/01 approvata con DGR n. 1277/2019 del 29/07/2019)