Anatomia di una caduta
(Anatomie d’une chute, Francia/2023) di Justine Triet (150')
2000 Cult
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Alture sopra Grenoble. C’è un cadavere, a terra, sulla neve. È il corpo di uno scrittore in crisi, proprietario di una casa fuori dal mondo, abitata insieme alla moglie tedesca (scrittrice di maggior successo), l’undicenne figlio (ipovedente a causa d’un incidente – causato dal padre?), e un cane (che poi – spoiler innocente – risulta cruciale). La caduta è dal terzo piano, il punto è la dinamica taciuta dal racconto: suicidio, omicidio o incidente? Il processo nei confronti della donna (Sandra Hüller, che in un film in cui si discute di confine tra fiction e non-fiction si chiama Sandra) comincia. [...] La Palma d’oro 2023 [...] è un’opera di due ore e trenta minuti sul potere e i poteri dietro le parole, tutte diligentemente o sadicamente messe a processo per riempire il vuoto di quella morte non rappresentata, un buco che apre il discorso, che fa proliferare i discorsi [...]. Sono parole non udite nel baccano della musica, registrate di nascosto per ispirare quelle di un libro, dette in inglese e lost in translation da una tedesca e da un francese, manipolate a favore di uno psicoanalista, ricordate, forse scelte, da un bimbo. “Non l’ho ucciso”, dice Sandra all’avvocato. “Non me ne fotte niente della realtà” le risponde lui poi. Ma non è tanto una modernista e ormai superata e umiliata relatività del vero quel che interessa a Triet, in questo film che parafrasa, aggiorna e risponde ad Anatomia di un omicidio di Preminger.
Si tratta di mettere in luce in primis gli automatismi, gli a priori, gli storytelling già dati, e di certificare la fallacia di questi tendenziosi schemi interpretativi del mondo [...] di fronte al quotidiano di una coppia e di una famiglia, all’enigma impenetrabile del loro fragile e inspiegabile equilibrio.
La mia intenzione era quella di girare un film che raccontasse la caduta di una coppia. La discesa fisica ed emotiva di un corpo diventa il simbolo del declino della storia d’amore dei due protagonisti. Questa coppia ha un figlio che scopre la natura burrascosa della relazione tra i genitori durante un processo, in cui viene esaminato ogni aspetto del loro passato. Più il processo va avanti, più il dubbio si insinua nel ragazzo, che prima aveva una completa fiducia nella madre: questo segna una svolta cruciale nella sua vita. Il film vuole sollevare delle domande importanti sulla reciprocità, sulla fiducia e sulle dinamiche di un rapporto di coppia. [...] La ricerca da parte di Sandra della propria libertà e la sua volontà forte creano uno squilibrio nella relazione e il film ci invita a mettere in discussione le nostre nozioni preconcette di democrazia in un rapporto di coppia e come questa possa essere danneggiata da impulsi di sopraffazione e di rivalità.
Serata promossa da TIGOTÀ
Alture sopra Grenoble. C’è un cadavere, a terra, sulla neve. È il corpo di uno scrittore in crisi, proprietario di una casa fuori dal mondo, abitata insieme alla moglie tedesca (scrittrice di maggior successo), l’undicenne figlio (ipovedente a causa d’un incidente – causato dal padre?), e un cane (che poi – spoiler innocente – risulta cruciale). La caduta è dal terzo piano, il punto è la dinamica taciuta dal racconto: suicidio, omicidio o incidente? Il processo nei confronti della donna (Sandra Hüller, che in un film in cui si discute di confine tra fiction e non-fiction si chiama Sandra) comincia. [...] La Palma d’oro 2023 [...] è un’opera di due ore e trenta minuti sul potere e i poteri dietro le parole, tutte diligentemente o sadicamente messe a processo per riempire il vuoto di quella morte non rappresentata, un buco che apre il discorso, che fa proliferare i discorsi [...]. Sono parole non udite nel baccano della musica, registrate di nascosto per ispirare quelle di un libro, dette in inglese e lost in translation da una tedesca e da un francese, manipolate a favore di uno psicoanalista, ricordate, forse scelte, da un bimbo. “Non l’ho ucciso”, dice Sandra all’avvocato. “Non me ne fotte niente della realtà” le risponde lui poi. Ma non è tanto una modernista e ormai superata e umiliata relatività del vero quel che interessa a Triet, in questo film che parafrasa, aggiorna e risponde ad Anatomia di un omicidio di Preminger.
Si tratta di mettere in luce in primis gli automatismi, gli a priori, gli storytelling già dati, e di certificare la fallacia di questi tendenziosi schemi interpretativi del mondo [...] di fronte al quotidiano di una coppia e di una famiglia, all’enigma impenetrabile del loro fragile e inspiegabile equilibrio.
Giulio Sangiorgio
La mia intenzione era quella di girare un film che raccontasse la caduta di una coppia. La discesa fisica ed emotiva di un corpo diventa il simbolo del declino della storia d’amore dei due protagonisti. Questa coppia ha un figlio che scopre la natura burrascosa della relazione tra i genitori durante un processo, in cui viene esaminato ogni aspetto del loro passato. Più il processo va avanti, più il dubbio si insinua nel ragazzo, che prima aveva una completa fiducia nella madre: questo segna una svolta cruciale nella sua vita. Il film vuole sollevare delle domande importanti sulla reciprocità, sulla fiducia e sulle dinamiche di un rapporto di coppia. [...] La ricerca da parte di Sandra della propria libertà e la sua volontà forte creano uno squilibrio nella relazione e il film ci invita a mettere in discussione le nostre nozioni preconcette di democrazia in un rapporto di coppia e come questa possa essere danneggiata da impulsi di sopraffazione e di rivalità.
Justine Triet
Serata promossa da TIGOTÀ
