Ritratto della giovane in fiamme

(Portrait de la jeune fille en feu, Francia/2019) di Céline Sciamma (121')
2000 Cult
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Ritratto della giovane in fiamme

(Portrait de la jeune fille en feu, Francia/2019) di Céline Sciamma (121')

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Per il suo quarto lungometraggio, Céline Sciamma ha costruito un microcosmo abitato da sole quattro persone, che sono sufficienti per far emergere tutte le fratture che attraversano l’umanità: quella tra aristocratici e gente comune, tra artisti e amatori dell’arte, tra conformisti e spiriti liberi. Manca soltanto il divario tra donne e uomini. Ma in Ritratto della giovane in fiamme, il maschile è del tutto assente, almeno fisicamente. Adèle Haenel appare inizialmente come un blocco impossibile da plasmare, da comprendere. La ribellione di Héloïse non ne ha fatto una pasionaria, ma una presenza opaca che oppone la propria indifferenza tanto alle ammonizioni quanto alla compassione. La vivacità di Marianne è smorzata dall’ambiguità della sua posizione. Invece di giocare sulla confusione generata dalla menzogna, per trarne comicità o rivelazioni, Céline Sciamma installa una tensione che grava su tutti i personaggi. Poi la contessa se ne va, lasciando sole le tre giovani donne: Marianne, Héloïse e Sophie. L’assenza materna dura solo pochi giorni, ma è sufficiente per far nascere ed esistere un’utopia che abolisce le divisioni sopra elencate. La giovane nobile e l’artista aiuteranno la serva a decidere del proprio destino, il desiderio che iniziava a fluire tra il piedistallo della modella e il cavalletto della pittrice si manifesta nella vita quotidiana. La fioritura dei personaggi si avvicina alla metamorfosi. Queste tre donne non godono di una parentesi: si ritagliano un territorio effimero contro il resto del mondo. Le sequenze finali, di una tristezza sconvolgente, testimoniano la forza di questo spazio. In attesa di questa vendetta del reale, la regista e la sua direttrice della fotografia, Claire Mathon, inventano un mondo uscito tanto dalle leggende bretoni quanto dalla pittura del XVIII secolo, fatto di chiaroscuri e abbagliamenti, di interni appena illuminati e visioni oniriche. Per svagarsi, le tre ragazze leggono una traduzione del mito di Orfeo ed Euridice, che si sono persi alle porte degli inferi. Nella versione proposta da Céline Sciamma, è negli inferi stessi che bisogna costruire il proprio paradiso, anche se effimero.

Thomas Sotinel


Il mio desiderio principale era proprio quello di raccontare una storia d’amore. Con due aspirazioni apparentemente contraddittorie sottostanti alla sceneggiatura. Volevo mostrare passo dopo passo come sia innamorarsi, il puro piacere di innamorarsi e di vivere il presente. Per questo aspetto la regia è incentrata sulla confusione, l’esitazione e lo scambio romantico. Ma volevo allo stesso tempo scrivere del ricordo di una storia d’amore, di come resta dentro di noi con tutta la sua forza. Per questo aspetto la regia deve lavorare sulla rievocazione, e il film diventa il ricordo di quell’amore. Questo film è pensato come un’esperienza sia del piacere di una passione presente sia del piacere di una storia di emancipazione per i personaggi e per il pubblico. Questa duplice temporalità ci permette di vivere le emozioni e di riflettere su di esse.

Céline Sciamma

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Versione originale in francese con sottotitoli in italiano

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