Il Gattopardo
(Italia-Francia/1963) di Luchino Visconti (205')

Il Gattopardo
(Italia-Francia/1963) di Luchino Visconti (205')
Scarica la cartolina della serata
****
Regia: Luchino Visconti. Soggetto: dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Sceneggiatura: Luchino Visconti, Suso Cecchi d’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli. Fotografia: Giuseppe Rotunno. Montaggio: Mario Serandrei. Scenografia: Mario Garbuglia. Costumi: Piero Tosi. Musiche: Nino Rota e un valzer inedito di Giuseppe Verdi. Interpreti: Burt Lancaster (don Fabrizio, Principe di Salina), Alain Delon (Tancredi Falconeri), Claudia Cardinale (Angelica Sedara), Romolo Valli (padre Pirrone), Paolo Stoppa (don Calogero Sedara), Serge Reggiani (don Ciccio Tumeo), Rina Morelli (Maria Stella). Giuliano Gemma (generale garibaldino). Produzione: Goffredo Lombardo per Titanus, S.N. Pathé Cinema, S.C.G. Durata: 185’
Copia proveniente da Cineteca di Bologna per concessione di Titanus
Il Gattopardo è la storia di un principe che assiste all’ineluttabile declino del suo universo, con uno strano distacco. Quell’universo che ha amato, malgrado le sue ingiustizie, rappresenta l’apice della civiltà. In quanto neorealista, Visconti aveva sempre pensato che la poesia scaturisse dalla realtà. Doveva continuare a studiare, leggere, osservare i quadri, i mobili, le antichità. Senza mai perdere di vista la sua storia. Il film tocca tematiche universali, riguardanti il progresso, la giustizia, la giovinezza. Avevo già recitato in una ventina di film, molti dei quali sono divenuti dei classici. Ma non avevo mai interpretato un personaggio di tale ampiezza. Sarei diventata Angelica, un nome che suona come una battaglia o piuttosto come una vittoria, e che mi ha seguito nelle città più lontane, nei paesaggi deserti, sulle spiagge esotiche. Visconti mi ha fatto il più bel regalo della mia vita d’attrice. Alla fine delle riprese, il mio modo di guardare era mutato, non era più timido, sfuggente. Mi ha scolpito lo sguardo e insegnato a coltivare il mistero senza il quale, secondo lui, non può esserci vera bellezza.
Nel Gattopardo si racconta la storia di un contratto matrimoniale. La bel- lezza di Angelica data in pasto alla voracità di Tancredi. Ma Angelica non è soltanto bella: ella sa bene di che pasta è fatto un tale contratto di matrimonio, e l’accetta, anche se quello che a prima vista sembra dominare è soltanto un purissimo sentimento di amore. [...]
Se qualcuno dicesse che in Lampedusa i modi particolari di affrontare i temi della vita sociale e dell’esistenza che furono del realismo verghiano e della ‘memoria’ di Proust trovano un loro punto di incontro e di sutura, mi dichiarerei d’accordo con lui. È sotto questa suggestione che ho riletto il romanzo le mille volte, e che ho realizzato il film. Sarebbe la mia ambizione più sentita quella di aver fatto ricordare in Tancredi e Angelica la notte del ballo in casa Ponteleone, Odette e Swann, e in don Calogero Sedara nei suoi rapporti coi cittadini e nella notte del Plebiscito, Mastro don Gesualdo. E in tutta la pesante coltre funebre che grava sui personaggi del film, sin da quando la lapide del “Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi” è stata dettata, lo stesso senso di morte e di amore-odio verso un mondo destinato a perire tra splendori abbaglianti che Lampedusa ha certo assimilato sia dall’immortale intuizione verghiana del fato dei siciliani, sia dalle luci e dalle ombre della Recherche.
****
Regia: Luchino Visconti. Soggetto: dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Sceneggiatura: Luchino Visconti, Suso Cecchi d’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli. Fotografia: Giuseppe Rotunno. Montaggio: Mario Serandrei. Scenografia: Mario Garbuglia. Costumi: Piero Tosi. Musiche: Nino Rota e un valzer inedito di Giuseppe Verdi. Interpreti: Burt Lancaster (don Fabrizio, Principe di Salina), Alain Delon (Tancredi Falconeri), Claudia Cardinale (Angelica Sedara), Romolo Valli (padre Pirrone), Paolo Stoppa (don Calogero Sedara), Serge Reggiani (don Ciccio Tumeo), Rina Morelli (Maria Stella). Giuliano Gemma (generale garibaldino). Produzione: Goffredo Lombardo per Titanus, S.N. Pathé Cinema, S.C.G. Durata: 185’
Copia proveniente da Cineteca di Bologna per concessione di Titanus
Il Gattopardo è la storia di un principe che assiste all’ineluttabile declino del suo universo, con uno strano distacco. Quell’universo che ha amato, malgrado le sue ingiustizie, rappresenta l’apice della civiltà. In quanto neorealista, Visconti aveva sempre pensato che la poesia scaturisse dalla realtà. Doveva continuare a studiare, leggere, osservare i quadri, i mobili, le antichità. Senza mai perdere di vista la sua storia. Il film tocca tematiche universali, riguardanti il progresso, la giustizia, la giovinezza. Avevo già recitato in una ventina di film, molti dei quali sono divenuti dei classici. Ma non avevo mai interpretato un personaggio di tale ampiezza. Sarei diventata Angelica, un nome che suona come una battaglia o piuttosto come una vittoria, e che mi ha seguito nelle città più lontane, nei paesaggi deserti, sulle spiagge esotiche. Visconti mi ha fatto il più bel regalo della mia vita d’attrice. Alla fine delle riprese, il mio modo di guardare era mutato, non era più timido, sfuggente. Mi ha scolpito lo sguardo e insegnato a coltivare il mistero senza il quale, secondo lui, non può esserci vera bellezza.
Claudia Cardinale
Nel Gattopardo si racconta la storia di un contratto matrimoniale. La bel- lezza di Angelica data in pasto alla voracità di Tancredi. Ma Angelica non è soltanto bella: ella sa bene di che pasta è fatto un tale contratto di matrimonio, e l’accetta, anche se quello che a prima vista sembra dominare è soltanto un purissimo sentimento di amore. [...]
Se qualcuno dicesse che in Lampedusa i modi particolari di affrontare i temi della vita sociale e dell’esistenza che furono del realismo verghiano e della ‘memoria’ di Proust trovano un loro punto di incontro e di sutura, mi dichiarerei d’accordo con lui. È sotto questa suggestione che ho riletto il romanzo le mille volte, e che ho realizzato il film. Sarebbe la mia ambizione più sentita quella di aver fatto ricordare in Tancredi e Angelica la notte del ballo in casa Ponteleone, Odette e Swann, e in don Calogero Sedara nei suoi rapporti coi cittadini e nella notte del Plebiscito, Mastro don Gesualdo. E in tutta la pesante coltre funebre che grava sui personaggi del film, sin da quando la lapide del “Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi” è stata dettata, lo stesso senso di morte e di amore-odio verso un mondo destinato a perire tra splendori abbaglianti che Lampedusa ha certo assimilato sia dall’immortale intuizione verghiana del fato dei siciliani, sia dalle luci e dalle ombre della Recherche.
Luchino Visconti