L’ombrellone
(Italia/1965) di Dino Risi (97')
Omaggio a Sandra Milo
L’ombrellone
(Italia/1965) di Dino Risi (97')
Scarica la cartolina
*****
Il film che meglio fotografa la società italiana fra boom e congiuntura resta L’ombrellone di Dino Risi: senz’altro una delle migliori commedie che siano mai state realizzate sui divertimenti idioti e i miti fatui della borghesia in decadenza. Tutto ambientato, a parte un breve piano-sequenza finale, nella Riccione balneare, il film ritrae una classe sociale impegnata a vivere fino in fondo, magari anche controvoglia, la stagione dorata, ben cosciente che sta ormai volgendo al termine. Ci si ritrova ancora a dar feste sugli yacht, ma vi si parla della crisi: per i ricchi divertirsi è ormai soltanto un dovere, un inutile tentativo di esorcizzare gli spettri del declino (“Siamo obbligati a metterci in mostra per far vedere che siamo ancora belli, sani e con la grana”). Risi non calca mai le tinte, aspetta sornione che il quadro impietoso di questa Italia di fine boom si componga da sé. Ma fra le righe descrive poi questi divertimenti obbligati, questa dolce vita da spiaggia, come una piccola guerra: ammassi di carne umana, frastuono (di canzonette) e trincee (di sabbia), fanfare e ritirate, invasione di tedeschi e cori partigiani (i bambini di una colonia che cantano Bella ciao), e alle porte di Riccione incidenti stradali da Giorno del Giudizio. La società dei tour de force balneari si è ormai ridotta a uno stato animalesco, a passatempi meccanici: non le resta che correre a uccidersi – ultimo, raffinato divertimento – sulle autostrade affollate, unica reliquia dei fasti passati. […] Gli ingorghi estivi sono tutt’uno con gli altri miti del consumismo vacanziero, con le spiagge sovraffollate; e infatti nessun altro film straripa di auto come questa commedia balneare, che si conclude con un bollettino-radio sugli incidenti automobilistici del week-end […].
Insomma, sono proprio di questi anni le prime spiagge desolate della commedia, sulle quali spira un vento di fine boom: […] dopo la notte trascorsa sullo yacht, al mattino i borghesi festaioli si ritrovano in abito da sera sulla spiaggia, attorno a un falò, come antichi naufraghi; e in un’atmosfera che a loro stessi sembrerà forse felliniana, assistono al sorgere del sole come selvaggi idolatri, stupiti di poter ricevere ancora una volta dall’astro nascente la linfa vitale, il miracolo del giorno e dell’estate (se qualcuno guardasse col cannocchiale, vedrebbe all’orizzonte gli anni Settanta).
Enrico Giacovelli
A Riccione ho fatto tante cose, la più importante è stata il film di Dino Risi, L’ombrellone, famoso in tutto il mondo. Conservo nitidissime le immagini di quella pellicola. l’Hotel Baltic con gli intrighi amorosi, la spiaggia gremita all’inverosimile e piazzale Roma, bolgia d’auto decappottate che sfilavano tra i clacson all’impazzata, ragazze in bikini e pedalate in risciò. È stato bellissimo.
Sandra Milo
*****
Il film che meglio fotografa la società italiana fra boom e congiuntura resta L’ombrellone di Dino Risi: senz’altro una delle migliori commedie che siano mai state realizzate sui divertimenti idioti e i miti fatui della borghesia in decadenza. Tutto ambientato, a parte un breve piano-sequenza finale, nella Riccione balneare, il film ritrae una classe sociale impegnata a vivere fino in fondo, magari anche controvoglia, la stagione dorata, ben cosciente che sta ormai volgendo al termine. Ci si ritrova ancora a dar feste sugli yacht, ma vi si parla della crisi: per i ricchi divertirsi è ormai soltanto un dovere, un inutile tentativo di esorcizzare gli spettri del declino (“Siamo obbligati a metterci in mostra per far vedere che siamo ancora belli, sani e con la grana”). Risi non calca mai le tinte, aspetta sornione che il quadro impietoso di questa Italia di fine boom si componga da sé. Ma fra le righe descrive poi questi divertimenti obbligati, questa dolce vita da spiaggia, come una piccola guerra: ammassi di carne umana, frastuono (di canzonette) e trincee (di sabbia), fanfare e ritirate, invasione di tedeschi e cori partigiani (i bambini di una colonia che cantano Bella ciao), e alle porte di Riccione incidenti stradali da Giorno del Giudizio. La società dei tour de force balneari si è ormai ridotta a uno stato animalesco, a passatempi meccanici: non le resta che correre a uccidersi – ultimo, raffinato divertimento – sulle autostrade affollate, unica reliquia dei fasti passati. […] Gli ingorghi estivi sono tutt’uno con gli altri miti del consumismo vacanziero, con le spiagge sovraffollate; e infatti nessun altro film straripa di auto come questa commedia balneare, che si conclude con un bollettino-radio sugli incidenti automobilistici del week-end […].
Insomma, sono proprio di questi anni le prime spiagge desolate della commedia, sulle quali spira un vento di fine boom: […] dopo la notte trascorsa sullo yacht, al mattino i borghesi festaioli si ritrovano in abito da sera sulla spiaggia, attorno a un falò, come antichi naufraghi; e in un’atmosfera che a loro stessi sembrerà forse felliniana, assistono al sorgere del sole come selvaggi idolatri, stupiti di poter ricevere ancora una volta dall’astro nascente la linfa vitale, il miracolo del giorno e dell’estate (se qualcuno guardasse col cannocchiale, vedrebbe all’orizzonte gli anni Settanta).
Enrico Giacovelli
A Riccione ho fatto tante cose, la più importante è stata il film di Dino Risi, L’ombrellone, famoso in tutto il mondo. Conservo nitidissime le immagini di quella pellicola. l’Hotel Baltic con gli intrighi amorosi, la spiaggia gremita all’inverosimile e piazzale Roma, bolgia d’auto decappottate che sfilavano tra i clacson all’impazzata, ragazze in bikini e pedalate in risciò. È stato bellissimo.
Sandra Milo