L’editoriale di febbraio

Il programma di febbraio nelle sale della Cineteca

 

Quando a novembre ha partecipato all’inaugurazione del Modernissimo Wes Anderson ha detto: “per me, venire qui è come andare al Louvre o al Prado”. Scorrendo il programma di febbraio il numero dei classici, dei capolavori indiscutibili è talmente importante che effettivamente sembra di attraversare le sale di un grande Museo del cinema.

Iniziamo da Art City Cinema, con un percorso nel ricco dialogo tra cinema e arte che abbiamo voluto aprire con un omaggio a Eugenio Riccòmini, delle cui leggendarie lezioni ci restano le registrazioni video, e prosegue con l’ultimo lavoro cinematografico di JR, stupefacente viaggio tra i prigionieri del penitenziario di Tehachapi, in California, trasformati dal genio, dal coraggio, dall’energia dell’artista francese; il percorso continua con uno dei maggiori galleristi italiani, Massimo Minini, con un autorevole cinéphile e collezionista italiano, Valerio De Paolis, che ci introdurrà al van Gogh di Julian Schnabel, con un documentario su Nam June Paik e con il ritratto cinematografico di Jeff Koons realizzato da Pappi Corsicato.

Ma le stanze più belle nel nostro Museo di febbraio sono forse quelle dedicate a due maestri tanto grandi, quanto diversi, Mario Monicelli e François Truffaut: il primo, nato nel 1915, si era nutrito, da ragazzo, del cinema muto, il secondo sarebbe stato salvato dal suo amore per la letteratura e per il cinema e dall’intervento di uno dei maestri della critica cinematografica, André Bazin. L’omaggio a Monicelli nasce in occasione dell’uscita di un libro prezioso, Mio amato Belzebù di Chiara Rapaccini, scintillante di tante frasi monicelliane, da “il mio cuore è come uno scaldabagno, riaccendilo se puoi” a “mi schianto ma non mi piego”. È un ritratto dolce, arrabbiato, profondo, divertente, intimo di Mario, svelato da un altro punto di vista, quello di una donna che è stata, da giovanissima e per trentacinque anni, la sua compagna. Dedichiamo a Monicelli non una retrospettiva completa, ma un’ampia scelta di suoi capolavori, anzi delle sue “scene figlie” (Mario sosteneva di non aver mai girato ‘scene madri’), come il film capostipite della commedia all’italiana, I soliti ignoti, e quello che chiude quella stagione, Amici miei, il miglior film italiano sulla Prima guerra mondiale, La grande guerra, un saggio sulla romanità, Il marchese del Grillola più anarchica rivisitazione del medioevo, L’armata Brancaleone, e due film testamento, Parenti serpenti e Speriamo che sia femmina. Se non conoscete Monicelli sarete folgorati dalla verità matematica dei suoi ritratti dell’Italia e di noi italiani, se lo conoscete riderete e vi commuoverete ancor più della prima volta. Vi chiedo, però, di non seguire una delle sue più spericolate provocazioni, perché Monicelli sosteneva che per “capire un film bisogna entrare a metà, entrare all’inizio è da poveracci”…

A quarant’anni dalla morte, l’opera di François Truffaut riluce ancora più splendente, unica, fuori dal tempo. Mostriamo le opere che ha realizzato negli ultimi quattordici anni di vita, quelli più liberi, oltre la nouvelle vague, dove da filosofo, letterato, cinefilo, antropologo, da esploratore dell’animo umano maschile e femminile, realizza film che sono dei pilastri del cinema moderno e che spesso hanno offerto ai loro interpreti i ruoli più significativi delle loro carriere: è infatti impossibile pensare a Fanny Ardant, Gerard Depardieu, Catherine Deneuve, Jaqueline Bisset, Isabelle Adjani, senza Truffaut.

Abbiamo iniziato il mese scorso con la rassegna Ladro di cinema, presentando i film che hanno ispirato Bertolucci per il suo The Dreamers, proseguiamo in questo cartellone con le fonti d’ispirazione di Lanthimos per Povere creature!, certamente uno dei migliori film della stagione. Un’opera illuminata da una creatività visiva ricca e preziosa, che pur ambientata nell’Inghilterra vittoriana riesce a parlare di quello che potrebbe essere il nostro futuro, e nonostante tutte le nostre angosce riesce a farci immaginare che potrebbe essere sorprendentemente positivo. È un film intriso di citazioni, alcune le ha dichiarate lo stesso Lanthimos, altre ce le siamo immaginate come possibili, anche per riportare sullo schermo film dimenticati.

Ma le stanze del Museo del Cinema Modernissimo non sono dedicate solo al passato, molti saranno gli incontri con il cinema del presente, con le anteprime dell’esordio alla regia di Margherita Buy, Volare, della serie Un amore di Federico Lagi, ambientata a Bologna e interpretata da Stefano Accorsi e Micaela Ramazzotti, con la presentazione di Caracas, opera seconda di Marco D’Amore con Toni Servillo, con Cento domeniche, coraggioso film di Antonio Albanese, e con la ripresa di Lubo di Giorgio Diritti, un film importante che riproponiamo con l’auspicio che possa trovare al Modernissimo quell’attenzione che non ha avuto alla sua prima uscita.

Il Modernissimo è il luogo della celebrazione del cinema e quindi non ospita soltanto proiezioni, ma anche lezioni e incontri, sulla fotografia, sul cinema, sulla letteratura e sui rapporti tra cinema, letteratura e scrittori. La passione per il cinema si nutre della passione per le arti, che per accendersi ha bisogno di essere nutrita, approfondita, provocata, e una qualificatissima schiera di ospiti farà quello che Riccòmini ha sempre predicato, “Chi sa deve spezzare il pane per gli altri”.

Benvenuti quindi al cartellone di febbraio, dedicato a chi ha già visto tutto e vuole rivederlo e a chi non ha visto nulla e tutto vuole scoprire! Siete i benvenuti.

Gian Luca Farinelli