Willem Dafoe: “L’immaginazione del regista salva l’attore dai suoi impulsi egocentrici”

In occasione della rassegna presentata al Modernissimo, andiamo alla scoperta di un professionista che ha realizzato 150 film in quasi 50 anni di carriera, lavorando con registi come Martin Scorsese, Oliver Stone, David Lynch, Lars Von Trier, David Cronenberg, Werner Herzog, Wes Anderson e Abel Ferrara, prima di giungere a Lanthimos.
In due interviste del 2020 l’attore descrive la sua personalità e il metodo di lavoro.

Dépendance mutuelle è il titolo dell’intervista pubblicata in gennaio 2020 dai “Cahiers du cinéma”, realizzata in occasione dell’uscita del film di Abel Ferrara, Tommaso, opera con la quale il regista si mette in scena e si auto-analizza, affidando il difficile compito proprio a Dafoe con il quale ha già collaborato più volte – da New Rose Hotel (1998) a Pasolini (2014).

Ecco un estratto dell’intervista:
Quando interpreto Tommaso, non imito Abel (…) Faccio qualcosa di diverso. Divento il suo doppio nella misura in cui lui mi racconta una storia e – a partire da quella – io debbo essere la sua creatura, seguendo il racconto che insieme stiamo improvvisando. Di certo non ho la consapevolezza di tutti i significati o di tutti i modi in cui si serve di me perché, quando si recita, non si vuole essere all’esterno di ciò che si sta facendo: sono le scene stesse che devono condurvi in un luogo che non conoscete, altrimenti tutto sarebbe solo una convenzione. Io amo l’espressione “stories hide the truth” (da una pièce di Richard Foreman, autore interpretato dal Wooster Group, gruppo teatrale sperimentale con cui Dafoe ha collaborato per anni ndr). L’importante per un attore è la qualità della presenza e l’atto della scoperta, e per fare ciò bisogna essere recettivi, flessibili e tolleranti.

Un mese più tardi, nel febbraio del 2020, rilascia un’intervista a “Sight and Sound”, in occasione del film The Lighthouse di Robert Eggers e torna sul suo rapporto con i registi:
Sono il tipo di attore che ama concedere sé stesso al regista. Mi piace diventare la creatura della sua immaginazione. Quando devo esprimere o soddisfare una fantasia, trovo tutto questo attraverso il regista, e ciò mi protegge da me stesso, dai miei impulsi egocentrici. È come se ciò ti rendesse più libero e irresponsabile. Non perché sei un tipo coraggioso, ma perché lo stai facendo per qualcun altro.

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Fonti

CAHIERS DU CINÉMA, gennaio 2020, n. 762, pp. 47-49
SIGHT & SOUND. THE INTERNATIONAL FILM MAGAZINE, febbraio 2020, n.2, pp. 28-32

Le riviste – conservate presso l’emeroteca della Cineteca di Bologna – sono consultabili alla Biblioteca Renzo Renzi.

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