Raccontare l’Iran e l’esilio

A parte la sfida artistica, Marjane sta portando avanti una sua battaglia, quindi è naturale che abbia voluto fare il film. Ma è una persona intransigente e onesta, anche con se stessa: è raro trovare libri autobiografici come Persepolis scritti con tanto pudore e così poca autocommiserazione. Marjane vuole lanciare un messaggio, spera di riuscire a dare un’immagine della realtà iraniana diversa da quella che la gente vede alla tv o legge sui giornali. Inoltre le interessa affrontare il tema dell’esilio, cosa significhi per una bambina ritrovarsi catapultata al centro di eventi storici che non riesce a comprendere…
Vincent Paronnaud


La politica è sullo sfondo. Persepolis è la storia di un cambiamento. Racconta come cresci, qual è il ruolo della tua famiglia nel tuo diventare adulto, come fai l’amore per la prima volta, come cambia il tuo corpo, come capita che ti sposi troppo presto e poi cambi idea. E di come i grandi cambiamenti politici cambiano la vita delle persone. Succede dappertutto nel mondo. Uscito il fumetto, cinesi e cileni mi hanno scritto per dirmi che con Persepolis avevo raccontato la loro storia.
Marjane Satrapi


Satrapi insiste su questa costruzione a ricorsi storico-esistenziali, dando la soffocante sensazione del tempo che, inesorabile, ritorna sempre e, appunto, sembra non passare. Più malinconica e disincantata, in questo senso, la versione animata. La cornice (a colori) in cui sono incastonati i ricordi (in bianco e nero) conferisce un senso di opprimente nostalgia assente nella graphic novel. Il fatto di recuperare un episodio dell’infanzia (la piccola Satrapi che, in Austria, passa i pomeriggi all’aeroporto solo per vedere Teheran sui tabelloni delle partenze) e di attualizzarlo (la Satrapi adulta, esule ‘felice’ in Francia) non ci racconta altro che il perdurare inestinguibile delle proprie malinconie. […] Satrapi racconta infatti, con un’ironia dissacrante e acuta, che cosa possa significare ritrovarsi donna in una realtà così insulsamente machista e perversamente moralizzata. Ma non vi è mai femminismo militante, né durezze (come invece avveniva, per esempio, nel cupo Il cerchio di Panahi). Solo ironia e leggerezza di toni. Ma in grado di scardinare, con ferocia, ogni pretesa e ogni vuota imposizione.
Mattia Mariotti, Animazione come resistenza, “Cineforum”, n. 473, aprile 2008


Da bambina, Marjane comprende poco del tumulto che la circonda. A otto anni, quando la rivoluzione islamica sostituisce lo Scià con una teocrazia, la sua reazione divertita alla rapida trasformazione della società iraniana riflette la posizione politica dei suoi genitori, i cui sogni sulla cacciata dello Scià si sgretolano di fronte al regime repressivo che lo sostituisce. Come la madre e, soprattutto, come la nonna imperiosa e sboccata (doppiata con grinta da Danielle Darrieux), Marjane è una ragazza caparbia, che non si rassegna ai dettami della legge islamica, almeno non senza combattere. Da adolescente, sfoggia una giacca di pelle con la scritta “Punk Is Not Dead” sul retro e a scuola ostenta con orgoglio i suoi dischi di contrabbando degli ABBA. Persepolis deve gran parte del suo fascino allo spirito ribelle della sua protagonista. Le immagini inquietanti dei vicini torturati dalla polizia segreta sono compensate dalla vista della giovane Marjane che suona la chitarra con la racchetta da tennis ascoltando una cassetta degli Iron Maiden. Quando la situazione in Iran peggiora e il temperamento di Marjane si fa sempre più irritabile, i suoi genitori la mandano a Vienna, dove entra in contatto con un gruppo di sedicenti bohémien. Sebbene non abbiano l’importanza storica delle scene ambientate in Iran, le sequenze viennesi del film sono per certi versi le più incisive, forse perché la prospettiva di Satrapi adulta vi interviene maggiormente. Persepolis attesta anche il ruolo delle narrazioni diasporiche nel cuore della cultura francese. Che lo faccia senza rivendicare una statura epocale è parte della sua forza.
Sam Adams, “Film Comment”, vol. 43, n. 6, novembre-dicembre 2007


Oltre a suo straordinario risultato come film d’animazione, Persepolis offre anche un prezioso contributo (come i libri da cui è tratto) alla nostra comprensione della rivoluzione iraniana e del suo impatto sulle persone (in particolare le donne) che l’hanno vissuta. Parte del suo merito sta nel ricordare con insistenza ciò che in Occidente tendiamo a dimenticare del passaggio dallo Scià agli Ayatollah: la complessa rete di opposizione al regime dello Scià, le forme di resistenza e l’indebolimento delle alternative secolari una volta che lo Scià fu rovesciato. Più ancora, il film fornisce un resoconto saldamente radicato nell’esperienza personale, piuttosto che un resoconto politico più convenzionale di tale transizione.
Tom Prasch, “Film & History”, vol. 38, n. 2, autunno 2008