“Se conosco l’attore polacco Joseph Tura? Oh sì, ricordo, l’ho visto una sera; trattava Shakespeare come noi trattiamo la Polonia”, afferma il colonnello Sig Rumann nel cuore d’una Varsavia devastata dalla guerra; e più tardi la primattrice Carole Lombard, decisa a indossare il suo abito di lamé scollato sulla schiena per interpretare la prigioniera d’un lager: “Così risalteranno meglio le frustate”. La leggerezza di Lubitsch si fa scandalosa incrociando la tragedia vera e la suprema finzione comica: la critica dell’epoca trovò più assimilabile l’altra grande farsa antinazista del tempo, Il grande dittatore. All’umanismo pacifista di Chaplin, Lubitsch oppone una radicale fede nel teatro e nel gioco dell’illusione.