Il film di culto

‘Jules et Jim’, “déjà un excellent livre, aujourd’hui un grand film”

Nel 2019 la Cineteca ha riportato nelle sale Jules et Jim, il capolavoro d’utopia dolcemente amorale di François Truffaut in versione restaurata nell’ambito del progetto di distribuzione Il Cinema Ritrovato al cinema: una Parigi bohémienne negli anni Dieci, due uomini e una donna provano ad amarsi oltre le regole, attraverso il tempo, la guerra, matrimoni e amanti, accensioni e delusioni; il film sulla dolce vita secondo Truffaut non trovò vita facile in Italia, dove – nel 1962 – è la prima pellicola a restare impigliata nelle reti della riformata legge sulla censura.
Dal Fondo Giovanni Calendoli, proponiamo una rassegna d’epoca in lingua francese e italiana.

François Truffaut a proposito del film

“J’était fou du livre de Roché et, seules, les circostances m’avaient empêché de l’adapter pou mon premier film. J’en suis resté amoureux à tel point que le commentaire est constitué uniquement de phrase du livre. […] L’histoire imaginée par Roché raconte simplement les tribulations de deux amis qui aiment la même femme durant plus de vingt ans. La façon dont ils accomodent cette situation, c’est tout le sujet. Je crois que le film est moral, sans aucune provocation, très tendre et d’une grande tristesse”.
Mardore, Les aveux de Jekyll – Truffaut, in “Les Lettres Françaises”, 25 – 31 gennaio 1962

L’accoglienza in Francia

“Le succès se pardonne mal, surtout à Paris, et quand il est subit. Il ne manquait pas de gens pour guetter au tournant de son troisième film, François Truffaut. Il seront amèrement déçus: Jules et Jim est une très grande réussite. Avec Jules et Jim Truffaut s’affirme come un grand auteur de films, le premier peut-être de ça génération (les ‘trentenaires’)”.
G. Sadoul, Faire du bien aux autres, in “Les Lettres Françaises”, 25 – 31 gennaio 1962

Jules et Jim étaient déjà un excellent livre. C’est aujourd’hui aussi un grand film. C’est une fête de tendresse et d’intelligence aiguë. Merci a Truffaut de nous redonner le goût du bonheur, si difficile soit-il à atteindre, dans la liberté et le respect des autres. Jules et Jim confirme notre confiance dans le cinéma. Il nous redonne confiance dans l’homme. Avouez que, pour arriver a pareil résultat en cet hiver 1962, il faut non seulement beaucoup de talent mais beaucoup de coeur”.
J.-L. Bory, Jules et Jim: une fête de tendresse et d’intelligence, in “Arts”, 31 gennaio – 6 febbraio 1962

La censura in Italia

Dai quotidiani si viene a sapere che il film di Truffaut è il primo a restare impigliato nelle reti della riformata legge sulla censura che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto non ripetere più gli errori/orrori dei recenti trascorsi. Il Ministro del turismo e dello spettacolo, Alberto Folchi – co-autore con il senatore Mario Zotta, del nuovo disegno di legge sulla revisione dei film e dei lavori teatrali – approvando in primo grado, il veto al film posto dalla Commissione, scatena le proteste del mondo della cultura. Moravia mette a nudo il nodo della questione, mentre il critico e sceneggiatore Bonicelli racconta, in qualità di testimone diretto, l’incontro tra il regista Truffaut e la Commissione di censura, dopo l’avvenuto ricorso alla sentenza che negava il nulla osta al film. Alla fine della proiezione, ci furono “commosse strette di mano” che autorizzarono la distribuzione di Jules e Jim, vietandolo però ai minori di diciotto anni. Bonicelli conclude che “le buone cose, anche al cinematografo, si spiegano da sole”.

“La commissione di censura che ha bocciato Jules e Jim di François Truffaut ha dato prova di fedeltà ai principi dell’ipocrisia piccolo-borghese italiana secondo la quale le cose si fanno ma non si dicono. Che racconta infatti Jules e Jim? Nient’altro che una vicenda imperniata sul triangolo moglie, marito e amante che fu ed è tuttora uno degli argomenti preferiti del teatro e del cinema pochadistico. Ma attenti: le pochade parlano di triangolo in maniera astratta e meccanica. Ma nella realtà le convenzioni non esistono. Che vuol dire questo? Che la descrizione seria e commossa d’una simile situazione non poteva non spaventare i censori italiani in quanto non poteva non rivelare il carattere del tutto particolare e per questo estraneo alle convenzioni morali della situazione medesima”.
A. Moravia, L’adultera incostante della foresta nera, in “L’Espresso”, 24 giugno 1962

“Truffaut si mordicchiava le unghie e preparava mentalmente il discorsetto […], incerto se dichiarare di essere un buon cattolico, il che sarebbe stato difficile da dimostrare, o più genericamente un buon patriota. Poi pensò di dire che la sua vera vocazione era sempre stata quella di fare il censore e che soltanto per gli incidenti della vita aveva finito per fare il regista. […] Finì col dire che i suoi personaggi avevano cercato di darsi una nuova morale ed erano stati sconfitti. Cioè disse l’unica cosa che non doveva dire”.
V. Bonicelli, Avventura al ministero dello spettacolo, in “Le Ore”, 12 luglio 1962

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