Critici e cineasti di ogni nazionalità riportarono recensioni entusiastiche, intellettuali e artisti di ogni dove cantarono le lodi di Vittorio De Sica e del suo compagno di ventura Cesare Zavattini. L’America s’inginocchiò di fronte alla grazia poetica emanata da questo film così profondamente chapliniano e nel 1950 l’Academy gli tributò l’Oscar come miglior film straniero, il maggior riconoscimento cinematografico a livello mondiale.
Storia conosciuta eppure – come ricorda Mereghetti – rappresentazione di valori di un’Italia lontana anni luce da quella di oggi.
Lasciati i tributi ufficiali di cui è disseminata la corposa rassegna stampa e le lettere cariche di complimenti commossi dell’intellighenzia internazionale, l’archivio offre, a chi desidera ricordare come eravamo, l’opportunità di leggere le opinioni sul film di alcuni spettatori dell’epoca, scritte su apposite cartoline e stampate in occasione di una proiezione per il pubblico milanese.
Eccone un assaggio:
“Tocchi il cuore, che tu sia benedetto De Sica!”
“Ho letto che De Sica andrà quanto prima in America. Che ci va a fare? C’è molto più bisogno di lui in Italia”.
“Di De Sica ce ne vorrebbero dei milioni. È un cannone!”
“È la terza volta che vedo questo film”.
“Non esiste film straniero che lo possa eguagliare”.
“Egregio Comm., la preghiamo di volerci regalare un nome per una bicicletta che con tanta passione stiamo modestamente costruendo. […]
W il film Ladri di biciclette!”