Diretto nel 1975 da Jim Sharman e tratto dal musical di Richard O’Brien (che nel film interpreta il ruolo di Riff Raff), The Rocky Horror Picture Show è intramontabile, con schiere di seguaci che tuttora frequentano mascherati le proiezioni in giro per il mondo. Inno irriverente ai piaceri sessuali (d’ogni gusto e gender): uno spettacolo d’arte varia che tiene insieme alieni travestiti e case infestate, tutto sorretto da una poderosa colonna sonora kitsch-rock. Memorabile Susan Sarandon, che scatenava i sensi d’una tremebonda sposina americana. I motivi di un così multiepocale successo possono restare misteriosi, ma è questa la natura degli oggetti di culto.
In una notte buia e tempestosa una coppia di ingenui fidanzatini con l’auto in panne finisce nel castello del bizzarro scienziato Dr. Frank-N-Furter. È l’inizio di un viaggio tra musica, sesso e follia che sovverte ogni regola con ironia e travolgente libertà: “Alcuni anni fa – ha scritto Linus O’Brien, figlio di Richard e autore del nuovo documentario Strange Journey: The Story of Rocky Horror – mi sono imbattuto nella canzone I’m Going Home, uno dei momenti salienti del film.
Mentre scorrevo i commenti sono stato sopraffatto dall’emozione. Rocky Horror aveva sempre fatto parte della mia vita e conoscevo bene il suo impatto sociale, ma quella è stata la prima volta in cui ho davvero compreso l’enormità della sua influenza sulle vite delle singole persone. Ho capito quanto questa storia fosse significativa e complessa: l’ascesa, la caduta e la rinascita di The Rocky Horror; il suo influsso su musica, cinema e cultura pop; il fenomeno cult senza precedenti che ha generato, creando uno spazio sicuro per persone di ogni tipo. E purtroppo ho constatato che in questo clima politico Rocky Horror è più attuale che mai. Rocky Horror è unico nel modo in cui ha creato comunità e spazi in cui potersi esprimere senza timore di giudizio – in cui sentirsi liberi in ogni scelta e a proprio agio con chi condivide quello spirito”.