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1925: esce il capolavoro muto di Charlie Chaplin La febbre dell’oro. A 100 anni di distanza la Cineteca di Bologna lo celebra con un nuovo restauro in 4K (realizzato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata): dopo le anteprime al Festival di Cannes e al festival Il Cinema Ritrovato di Bologna, il restauro di The Gold Rush arriva nelle sale italiane dal 1° dicembre.
“Alla sua uscita, nel giugno del 1925 – scrive Cecilia Cenciarelli, responsabile del Progetto Chaplin della Cineteca di Bologna –, La febbre dell’oro fu accompagnato sulla stampa americana da una ricca aneddotica: dalle tonnellate di gesso, sale e coriandoli impiegati per ricostruire l’Alaska in studio, alla sfarzosa premiere con orchestra e danze a tema artico al Chinese Theatre di Los Angeles, ai dieci minuti di risate ininterrotte trasmesse in diretta dalla BBC per il lancio inglese. Fu riportato che in alcune sale europee, i proiezionisti si trovarono costretti a riavvolgere la pellicola per accontentare un pubblico in delirio che chiedeva un bis della Danza dei panini. La febbre dell’oro incassò cifre da capogiro e fu distribuito in più di duecento paesi”.
Cenciarelli ricostruisce anche la storia delle diverse versioni del film: “All’inizio degli anni Quaranta Chaplin decise di rimettere mano a una delle sue opere più pure, sostituendo le didascalie originali con un commento narrato, modificando il montaggio e scorciando il finale. Quando il film uscì nuovamente in sala nel maggio del 1942, in pochi compresero il senso di questa operazione che, pronunciando il non detto, alterava il suo equilibrio perfetto tra favola e follia. Anche i maggiori detrattori riconobbero tuttavia che la partitura orchestrale composta per questa versione rappresentava una delle vette espressive della sua carriera di compositore: «Non solo ha composto musica per la tempesta di neve, per gli scontri tra gli uomini, per le scene di ballo e per quelle d’amore; ma anche per il singhiozzo, la fame, il sonno, le allucinazioni, per la battaglia di palle di neve, per il sospetto, la dignità, l’orgoglio e l’indifferenza». Da quel momento in poi gli avvocati di Chaplin perseguirono legalmente tutti i possessori e i distributori delle copie mute del film, rendendo la versione sonorizzata l’unica disponibile fino agli inizi degli anni Novanta, quando Kevin Brownlow e David Gill intrapresero una complessa ricostruzione dell’edizione muta a partire da diversi materiali sopravvissuti”.
“Quasi trent’anni dopo – conclude Cecilia Cenciarelli – siamo ripartiti da quegli elementi a cui se ne sono aggiunti altri generosamente forniti dalle cineteche FIAF (Fédération internationale des archives du film). La febbre dell’oro non è l’unico film con cui ricordiamo Charlie Chaplin, ma certo la scelta di condurre il Vagabondo fino alle radici (o fin sul precipizio) della mitologia americana, di stagliare la sua figura solitaria sullo sfondo nevoso della nascita d’una nazione, ne fa un’opera di insuperata, vertiginosa intensità”.