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Restaurato in 4K da StudioCanal e The Film Foundation presso il laboratorio Cineric
Lunedì 6 ottobre arriva nelle sale italiane il restauro del classico firmato nel 1960 da Michael Powell Peeping Tom – L’occhio che uccide.
Distribuito dalla Cineteca di Bologna con il suo progetto Il Cinema Ritrovato al cinema, il restauro di Peeping Tom è stato realizzato da StudioCanal e The Film Foundation di Martin Scorsese, che così ha parlato del film: “Ho sempre pensato che Peeping Tom e 8½ di Fellini siano i due grandi film sulla filosofia e il pericolo del fare cinema”.
Peeping Tom racconta la storia di Mark, un giovane timido e riservato, vittima fin da bambino dei bizzarri esperimenti del padre, scienziato ossessionato dagli effetti della paura sul sistema nervoso. Di giorno lavora come cineoperatore in una casa di produzione londinese; di notte coltiva il suo terrificante hobby: uccidere donne e riprendere la loro agonia. Accolto all’uscita da unanimi e virulente stroncature e accuse di violenza morbosa, è oggi considerato un capolavoro visionario. Lo si può godere in tanti modi: come trappola del vedere e dell’essere visti; come esercizio di humour sardonico; come grande storia d’amore tragica; come metafora del voyeurismo del cinema.
“La critica dell’epoca si divise in due – ricorda il direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli –, una parte ignorò il film di Powell e l’altra propose di prenderlo e di gettarlo nella spazzatura; era, invece, un capolavoro di originalità e bizzarria, dove lo sguardo assassino della macchina da presa riprende la morte al lavoro. Riflessione profonda sul cinema e la riproduzione della vita, è uno dei film più sorprendenti di tutta la storia del cinema”.
Così ne ha scritto lo storico del cinema Ian Christie: “Peeping Tom faceva parte di una serie di film horror a basso costo finanziati dalla Anglo-Amalgamated sulla scia del successo ottenuto dalla Hammer con i suoi Quatermass, Frankenstein e Dracula usciti tra il 1957 e il 1960. Questi avevano già scatenato le proteste dei custodi della moralità pubblica che tendevano a collegarli alla minaccia dei fumetti horror americani e del rock and roll, lamentando la scomparsa della cultura popolare inglese tradizionale. Pare che Powell fosse sinceramente spiazzato dall’accoglienza riservata a Peeping Tom. Probabilmente pensava che l’umorismo del film e la scelta di evitare eccessi pruriginosi potessero distrarre il pubblico dalla premessa profondamente scioccante o addirittura giustificarla. I molti riferimenti e la vena umoristica del film passarono però inosservati nella tempesta di indignazione che esso scatenò, con accuse di atteggiamenti “malsani”, “morbosi” e “perversi” che accomunarono tutte le recensioni (nelle sezioni “Arte e spettacolo”, ovviamente; i commenti della stampa specializzata furono quasi uniformemente favorevoli). Gran parte delle reazioni scandalizzate va indubbiamente attribuita alla disturbante verosimiglianza del film. A differenza dei suoi immediati predecessori nel ciclo della Anglo-Amalgamated, Horrors of the Black Museum e Circus of Horrors, Peeping Tom è ambientato in luoghi riconoscibili della Londra contemporanea. Il giornalaio che paga Mark perché realizzi “foto artistiche” destinate a clienti rispettabili come Miles Malleson è il volto accettabile di una vasta e inconfessabile industria che soddisfa la ‘scopofilia’, perversione della nostra società. In modo analogo Powell infranse le regole non scritte quando scelse l’affascinante e mite Carl Boehm (figlio del celebre direttore d’orchestra Karl Boehm) per il ruolo di Mark, il timido psicopatico che alterna il lavoro di assistente operatore in uno studio cinematografico alla perversa passione extracurriculare che consiste nel filmare la mortale paura delle sue vittime. Il legame tra ‘cinema normale’, spietatamente beffeggiato nelle scene in cui Mark lavora a un thriller di routine, The Walls Are Closing In, e il suo “cinema segreto” diventa sin troppo evidente: davanti allo schermo siamo tutti voyeur”.