L’arpa birmana

(Biruma no tategoto, Giappone/1956) di Kon Ichikawa (116')
L’arpa birmana

(Biruma no tategoto, Giappone/1956) di Kon Ichikawa (116')

Restauro 2022 :

Restaurato da Nikkatsu Corporation e The Japan Foundation presso il laboratorio Imagica Entertainment Media Services, Inc., a partire da due master positivi 35mm conservati presso Nikkatsu Corporation. Con la supervisione di Kon Pro, Inc. e Chizuko Osada

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Precede

una selezione di 10 film Lumière, recentemente restaurati, presentati da Thierry Frémaux (Institut Lumière)

Accompagnamento al piano di Daniele Furlati

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T. it.: L’arpa birmana. T. int.: The Burmese Harp. Sog.: dal racconto omonimo (1948) di Michio Takeyama. Scen.: Natto Wada. F.: Minoru Yokoyama. M.: Masanori Tsujii. Scgf.: Takashi Matsuyama. Mus.: Akira Ifukube. Int.: Shoji Yasui (Mizushima), Rentaro Mikuni (capitano Inoue), Tatsuya Miyashi (comandante della fortezza), Yunosuke Ito (capo villaggio), Taketoshi Naito (Kobayashi), Jun Hamamura (Ito), Shunji Kasuga (Maki), Akira Nishimura (Baba), Hiroshi Tsuchikata (Okada), Tanie Kitabayashi (la vecchietta). Prod.: Masayuki Takaki. DCP. D.: 116’. Bn. Versione giapponese con sottotitoli inglesi / Japanese version with English subtitles. Da: Nikkatsu Corporation. 


 


Birmania 1945. Alla fine della guerra una pattuglia di soldati giapponesi si arrende al nemico ed è internata in un campo angloindiano. Mizushima, uno dei soldati della pattuglia, si offre volontario per raggiungere una postazione militare nipponica […]. Il tentativo di indurli alla resa si rivela vano e, nel massacro che ne segue, Mizushima viene gravemente ferito. I suoi compagni lo credono morto, ma l’uomo si   è invece salvato grazie alle cure di un prete buddista. Presa coscienza dell’orrore della guerra, e fattosi a sua volta monaco, Mizushima decide di non unirsi ai suoi commilitoni per fare ritorno in patria. […]


Costruito saldamente intorno al proprio protagonista, Biruma no tategoto, primo film di Kon Ichikawa conosciuto in Occidente, vuole essere la rappresentazione dell’essenza della condizione umana di fronte agli orrori della guerra. Il film contrappone la figura di Mizushima sia a quella dei soldati che rifiutano di arrendersi, sia a quella dei suoi commilitoni che fanno ritorno in patria. Dei primi sono condannati valori e principi (come quelli relativi alla fedeltà all’imperatore e alla sua presunta origine divina) che non hanno più, se mai hanno avuto, ragione d’essere; ai secondi, invece, è rimproverata la facilità con cui sono pronti a dimenticare gli orrori della guerra per ricominciare una vita da cui il passato appare cancellato con un colpo di spugna. Il senso della scelta di Mizushima, della sua missione di carità, della sua volontà di non dimenticare è affidato soprattutto alla lunga lettera scritta al capitano Inoue e che questi, a sua volta, legge ai propri uomini, mentre stanno facendo ritorno a casa per nave. In questo modo il film esplicita la sua dimensione pedagogica – comune anche al romanzo che lo ha ispirato, diffuso in Giappone soprattutto in ambito scolastico ‒ contribuendo a rafforzare quell’immagine di manifesto contro la guerra che ne ha decretato una fama internazionale nel corso degli anni Cinquanta [...].


La natura contemplativa del film, fatto di lunghi piani che indugiano sugli orrori della guerra e di un bianco e nero che alterna squarci di luce a momenti di oscura ombrosità, trova spesso espressione anche nei silenzi che accompagnano alcune delle immagini più atroci […]. Nel 1985 Ichikawa ha realizzato un remake a colori di Biruma no tategoto con lo stesso titolo.


Dario Tomasi, in Enciclopedia del cinema. Dizionario critico dei film, Treccani, Roma 2004

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