‘Notre Territoire’ di Mathieu Volpe

“Strade senza nome, le vite invisibili”

“Ma in questo fragile territorio, ogni volto ha un nome”

Mathieu Volpe, classe 1990, di padre italiano e madre belga, nato a Roma e cresciuto a Bari, a diciannove anni si trasferisce a Bruxelles per studiare regia all’Institut des arts de diffusion a Louvain-la-Neuve. Il suo cortometraggio di diploma, Il segreto del serpente (2014), viene selezionato dai diversi festival cinematografici, come il Torino Film Festival, Filmer à tout prix, Lussas anda Huesca. A Visioni Italiane è in concorso il suo secondo cortometraggio, Notre Territoire, che ha avuto nomination a festival italiani e internazionali come il Locarno International Film Festival, il Torino Film Festival, Brussels Short Film Festival e ha vinto il premio principale al Festival International Signes de Nuit.
Notre Territoire parla delle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati in una località pugliese, Rignano, dove il regista ha passato la sua infanzia. Però, come ammette lui stesso, i ricordi infantili non includevano quelle immagini dei lavoratori sui campi, la loro situazione precaria e la routine da braccianti che ha scoperto da adulto. Una volta tornato sui propri passi, Volpe fa un documentario poetico, sceglie il bianco e nero per ritrarre i volti, le mani, i particolari, cogliere gli attimi di serenità, svago e socievolezza. Si vedono i ragazzi che giocano a calcio, altri che ascoltano la musica, altri ancora semplicemente riposare sotto un albero in un momento libero. Scorrono le immagini degli abitanti del paese, alle prese con le loro vite, accompagnate dalle riflessioni del regista. L’autore, tramite la voce fuori campo, conferma la sua presenza e partecipazione, non è un osservatore dall’esterno, è lì, in mezzo al villaggio, insieme alle persone con cui dialoga, passa il tempo, condivide gli spazi. Nel racconto si alternano le immagini in movimento e quelle da fotoreportage. Le riprese video riportano indietro nel tempo, mettendo in atto una rappresentazione rètro dell’Italia contemporanea, tramite le visioni documentaristiche, accompagnate dalla musica strumentale e dalla voice over neutra e impassibile. Le immagini fotografiche sono più personali, riprendono i personaggi del racconto da vicino, mostrando la loro fragilità e vulnerabilità.
Il regista italo-belga, anch’esso a suo modo una figura migrante, diviso tra due paesi, racconta in due lingue, in francese e in italiano, le vite delle persone abbandonate al loro destino che si trovano ai confini di un paese – abitando in una baraccopoli – ma sono emarginate anche all’interno della società, nei bus (gli italiani non prendono più il numero 28), sulle strade della città, al mercato. All’interno del villaggio dove vivono i lavoratori tendono a raggrupparsi a seconda della provenienza: i maliani con i maliani, i camerunesi con i camerunesi, creando delle proprie comunità all’interno delle quali poter ritrovarsi e sentirsi a casa.
La sensazione di emarginazione e di straniamento attraversa tutto il documentario d’esordio di Mathieu Volpe. Volendo ritrovare i luoghi dell’infanzia, vi ha trovato i campi di sfruttamento e la miseria. Volendo ripercorrere i ricordi della sua infanzia in una regione piena di sole e di vita, ha conosciuto i ragazzi, suoi coetanei, che lavorano 12 ore senza pause per 30 euro sotto il sole in pieno agosto. Tornando indietro nel tempo e nella memoria, il regista rimane stupito e amareggiato da questo cambiamento brutale della zona della Puglia che conosceva così bene e ricordava così diversa. Il suo racconto è una poesia malinconica, un viaggio attraverso i dettagli per cercare di arrivare a qualcosa di più grande, per scoprire che cosa si nasconde dietro i volti e le figure “invisibili”, quali ostacoli sono stati già superati e quanti ce ne saranno ancora. Un racconto pieno di amarezza ma anche di grazia e di luce, che mostra le vite difficili vissuti con grande semplicità. 
Di Violetta Zardadi

Corso di alta formazione per la diffusione della cultura e del patrimonio cinematografico (Rif. PA. 2019-11896/RER/01 approvata con DGR n. 1277/2019 del 29/07/2019)

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