L’uomo in più

(Italia/2001) di Paolo Sorrentino (100')
L’uomo in più

(Italia/2001) di Paolo Sorrentino (100')

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Cronaca di due vite, quella di Antonio Pisapia, calciatore di una squadra di serie A, e quella di Tony Pisapia, cantante affermato, il film, come un assioma, segue la vertiginosa discesa che dall’apice della carriera conduce entrambi all’inesorabile caduta libera, all’ombra dei riflettori, e li rende sgraditi, poco visibili, icone di un recente passato. Con stile equidistante, non commosso ma partecipe, il regista li ritrae in maniera non comune e mai banale. Sfortunato, riservato e corretto il primo, arrogante, volgare, e prepotente il secondo: tutti e due si muovono sullo sfondo di una Napoli taciturna e poco solidale, cui sono tolti colore e riconoscibilità. Testimone muto e impassibile, lo spazio urbano osserva noncurante il succedersi degli eventi e quel che accade ai protagonisti. Un incidente impedisce di continuare a giocare allo sportivo, al quale non resta che sperare, invano, di diventare allenatore; il cantante è accusato di violenza su di una minore; se vuole rientrare nell’ambiente, deve ripartire da zero. Evitando lo stereotipo, Sorrentino restituisce con minuzia certi ambienti e contesti sociali, dove il facile arricchimento, la volgarità, l’eccesso e la sregolatezza sembrano avere la meglio su tutto; esemplari i locali notturni, le case vistosamente lussuose appena acquistate, gli arredi interni di cattivo gusto. Il film comincia all’inizio degli anni Ottanta e di quel decennio costituisce un interessante documento, fino a prefigurare certi aspetti caratterizzanti la società odierna, indifferente alle tragedie altrui, dove il consumismo pare aver fatto tabula rasa di qualsiasi altro valore. Un luogo in cui quasi non sembra esserci più spazio neanche per il gesto estremo di Antonio. Ancorati al passato, fuori dal tempo, più nessuno presta attenzione a quello che i due protagonisti hanno da dire [...]. In un mondo in cui “il pareggio non esiste” (come recita la frase di Pelè, riportata ad inizio del film), non c’è più spazio per il fuori gioco: e in questa società dell’immagine, ingannevole e fuorviante, l’essere invisibili equivale al fuori gioco.

Luisa Ceretto



L’uomo in più sono quasi due lungometraggi sintetizzati in uno perché ci sono due storie che potevano anche vivere in due film diversi. E poi, invece, con questo aggancio del caso legato all’omonimia, che all’epoca mi interessava molto, li ho coagulati insieme. [...] L’idea era di stare sui personaggi, che erano prevalenti rispetto alla città, allo sfondo. Quindi Napoli è in secondo piano non perché ne avessi paura, ma perché in primo piano ci sono i personaggi. [...] Inevitabilmente i modi di parlare, di essere, di relazionare sono espressione di una certa napoletanità piccolo-borghese, che ho conosciuto da ragazzo a causa della mia estrazione. Il film è molto legato a quello che ho visto nella vita.

Paolo Sorrentino

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