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L’epico e nostalgico finale al suono di
A Whiter Shade of Pale, in cui i giovani, le donne, la gente per bene di Cinisi, Palermo, Sicilia, sfilano sotto striscioni e bandiere rosse al funerale di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia – con un delitto troppo presto archiviato e dimenticato, perché quello stesso giorno, 9 maggio 1978, veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse – è forse la cosa più facile e ovvia di un film costruito in finezza, frammento dopo frammento, sempre in crescendo, su una storia emozionante e brutale, in cui si intrecciano la liberazione di un giovane dalla famiglia (sull’onda del Sessantotto) e la sua più dura liberazione dalla famiglia mafiosa che incombe sulla città e sulla cultura familiare. I cento passi del titolo sono quelli che separano la casa di Peppino dall’abitazione del boss mafioso Tano Badalamenti – che, dopo un lungo silenzio della giustizia, per questo assassinio è stato finalmente incriminato. Cento passi che nonostante tutto congiuri per farglieli percorrere – la storia familiare, la debolezza di suo padre, l’omertoso clima cittadino – Peppino non percorrerà mai, scoprendo fin da ragazzino, attraverso l’amico e maestro pittore Stefano Venuti, l’impegno politico con il Pci, poi allontanandosene per le troppe prudenze che impone, infine inventandosi attraverso una radio messa su con gli amici un canale fantasioso e irriverente per parlare e dire la sua verità: Bada- lamenti diventa Tano Seduto, Cinisi è ribattezzata Mafiopoli e il ridicolo è un’arma che dà molto fastidio agli intoccabili. Marco Tullio Giordana, in quello che è il suo film migliore, più forte, più diretto, ibrida con successo il cinema di impegno civile (viene citato
Le mani sulla città) con umori più personali e generazionali [...], intreccia la denuncia e il ritratto toccante e autentico di un angelo ribelle. E se la sceneggiatura (che il regista firma con Claudio Fava e Monica Zappelli) è scritta con inconsueta precisione, schivando retorica e colore, gran parte della riuscita del film la si deve a una squadra di attori di sorprendente bravura, guidati senza sbavature da Giordana. Al suo primo ruolo sullo schermo, Luigi Lo Cascio si incide nella memoria per simpatia e febbrile passione.
Irene Bignardi
Era un po’ che giravo per le scuole con Pasolini, un delitto italiano e sentivo che c’era, soprattutto tra i ragazzi, la voglia di sapere, di conoscere quel passato recente fatalmente escluso dai programmi scolastici, di cui magari a casa non si parlava e che rischiava di rimanere avvolto in un velo. Il loro fervore ha incoraggiato la mia curiosità personale per la figura di Peppino Impastato. E il desiderio di vederci chiaro in una storia piena di lati oscuri e verità non dette è diventato un film. Vederlo oggi è forse più urgente di allora, perché tocca questioni e problemi mai risolti, realtà che non cambiano.
Marco Tullio Giordana
Serata promossa da
Agribologna