L’editoriale di novembre

Il programma di novembre nelle sale della Cineteca

Il 2 novembre 1975 avevo dodici anni, ma ricordo esattamente quando, con la mia famiglia, appresi dal telegiornale della morte di Pasolini. Sono certo che tutti quelli che oggi hanno più di sessant’anni ricordano dove si trovavano, l’emozione provata e i pensieri di quel momento.

Quell’uccisione, che generò un immediato sentimento di perdita anche per coloro che lo avevano osteggiato in vita, si sarebbe trasformata nel tempo in un doloroso e profondo lutto collettivo, una ferita che non è stata rimarginata da una verità processuale. “È stato ucciso un poeta”, urlò Alberto Moravia all’orazione funebre a Campo de’ Fiori. Pasolini fu, in vita, un proscritto, subì una persecuzione continua e trentatré processi, ma l’unico processo che avrebbe meritato, quello per stabilire chi lo avesse ucciso, si è concluso con una serie di omissioni sconcertanti. Il 7 novembre del 1974 il “Corriere della Sera” pubblicò il celebre Io so, il j’accuse con cui Pasolini denunciò, senza fare alcun nome, l’intera classe politica italiana. La mostra che abbiamo organizzato alla Galleria Modernissimo, Pasolini. Anatomia di un omicidio, non contiene scoop, ma mette in fila i fatti, pedina Pasolini negli ultimi mesi di vita, segue la sua fervente attività politica e artistica e dà conto di alcune certezze: la sua irriverente voce critica dava molto fastidio al potere e interpretava una richiesta di verità che un’ampia parte della società italiana chiedeva a gran voce; la polizia non svolse indagini adeguate e non adempì ai propri doveri; attorno all’omicidio ci fu un addensarsi inquietante di figure iscritte alla loggia massonica P2; i figli delle borgate che Pasolini aveva ritratto, quindici anni prima, nella loro arcaica grazia, nel 1975 erano diventati i protagonisti di una nuova criminalità violenta.

Non possiamo dire chi lo uccise, ma possiamo dire come andarono le cose e che attorno agli assassini di Pasolini ci fu una straordinaria rete di protezione e depistaggi, la stessa che per decenni ha impedito di conoscere gli autori delle maggiori stragi italiane. La mostra, gli incontri, la ricchissima rassegna di film e di rari interventi filmati di Pasolini che proponiamo questo mese s’ispirano al maggior insegnamento del poeta bolognese: contribuire a quella presa di coscienza collettiva e civile per cui lottò quotidianamente e coraggiosamente per tutta la sua vita. Rivelandoci quanto la sua analisi sociale, antropologica, politica fosse precisa e drammaticamente profetica.

Accanto alla nuova mostra Pasolini, prosegue quella dedicata a Simenon. A novembre e dicembre vi proponiamo celebri film tratti dai classici della letteratura noir. Accogliamo per la prima volta al Modernissimo due artisti ligeois come Simenon, Luc e Jean-Pierre Dardenne. Oltre all’anteprima del loro bellissimo ulti- mo film, Giovani madri – premiato all’ultimo festival di Cannes – presenteranno al Modernissimo i loro primi documentari che raccontano la crisi e il tramonto del distretto industriale di Seraing, protagonista della prima sezione della mostra Simenon. Lo scrittore belga raccontò come Liegi fosse stata trasformata dall’arrivo sul continente europeo della grande industria siderurgica britannica; i Dardenne, film dopo film, rintracciano con esattezza da grandi umanisti i segni di vita che sopravvivono in quell’area doppiamente devastata, dall’epopea industriale prima e dalla sua fine poi.

Una terza mostra arricchisce il cartellone espositivo della Galleria Modernissimo, quella dedicata al più autorevole concorso internazionale di fotogiornalismo, il World Press Photo, che ancora una volta porta a Bologna, anche grazie alla collaborazione con Photo Image di Fulvio Bugani, una selezione delle opere vincitrici. In una realtà dominata dalla falsificazione costante della verità, il lavoro splendido e coraggioso di questi fotografi rimane una voce originale e preziosa per capire il senso profondo di quanto accade nel mondo.

Come da tradizione, il programma del Modernissimo è attraversato da due tipi di sguardi: quello che esplora il cinema del presente, con i programmi dei due festival Gender Bender e Visioni Italiane, e quello che si rivolge ai classici della storia del cinema, con l’omaggio a due attrici che con la loro forza, indipendenza e fascino hanno contribuito a cambiare l’immagine della donna, non solo sullo schermo: Claudia Cardinale e Diane Keaton. Ricordiamo inoltre come Billy Wilder seppe illuminare di nuova luce alcune star di Hollywood, da Marilyn Monroe a Audrey Hepburn, da Shirley MacLaine a Gloria Swanson, reinventata in Sunset Boulevard, che è il nostro classico restaurato del mese. Un film-monumento, il cui titolo ha consacrato la strada che attraversa Hollywood da est a ovest ed è diventata un’espressione d’uso comune per evocare il declino di una star. Un sublime melodramma che riportò in scena vecchie glorie dell’epoca aurea del muto come la stessa Swanson, Buster Keaton ed Erich von Stroheim, con molte scene memorabili e una delle battute più folgoranti e profetiche sulla settima arte: “Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo”.

Il 21 novembre il Modernissimo compirà tre anni. Abbiamo preparato un programma che vi obbligherà a trasferire la vostra residenza in sala. Iniziamo con le sette ore e mezza di Satantango, capolavoro di Béla Tarr tratto dall’omonimo romanzo di László Krasznahorkai, Premio Nobel 2025 per la letteratura; proseguiamo con Più di una vita, meraviglioso documentario sulla vita e il genio creativo di Roberto Rossellini; concludiamo la giornata con le prime due puntate della nuova serie di Marco Bellocchio dedicata a Enzo Tortora. Ancora una volta il nostro presidente si è superato: Portobello è cinema in purezza, lezione di storia, analisi sociologica, divertimento e magistrale prova d’attori. Una festa per ringraziarvi di un’attenzione costante che è la vera sorpresa di questi tre anni. Il Cinema Modernissimo e la sua programmazione hanno riunito una comunità variegata, trasversale ed esigente, che si riconosce in un progetto culturale e che insegue la bellezza senza paura della complessità. In un’epoca di comunità virtuali, da tastiera e senza volto, la Comunità Modernissimo è fatta di facce, emozioni, risate, domande, lacrime, di esseri umani in carne e ossa.

Evviva e buon compleanno!

Gian Luca Farinelli