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Gioco del caso, diversità culturale ed etnica, disagio esistenziale. Nord o Sud, viaggio come fuga e insieme punto di partenza, solitudini che si intrecciano, centralità dell’universo femminile (e sguardo al femminile): in
Pane e tulipani ritroviamo variamente intrecciati i fili che intessono i minimalisti affreschi contemporanei di Silvio Soldini, da
L’aria serena dell’Ovest a
Un’anima divisa in due a
Le acrobate. La novità è che stavolta il regista milanese ribalta l’abituale registro drammatico, privilegiando i toni della commedia fiabesca seppur venata di malinconia. In gita a Paestum con il marito Antonio Catania e i figli adolescenti, la casalinga pescarese Licia Maglietta viene dimenticata a terra dal pullman durante una sosta all’autogrill. Uno scherzo del destino che schiude alla tranquilla provinciale l’imprevista possibilità di fare una piccola follia, recandosi a Venezia dove non è mai stata. Ma con la sua atmosfera avvolgente, la città lagunare la cattura e la vacanza di un giorno si allunga a tempo indeterminato. Licia viene ospitata dal cameriere Bruno Ganz, un islandese bizzarro e misterioso, intreccia una complice amicizia con la massaggiatrice Marina Massironi e trova lavoro presso il fioraio anarchico Felice Andreasi, inaugurando un nuovo, appagante capitolo della sua vita. Finché non la scova Giuseppe Battiston, un idraulico timido e ciccione che il marito ha spedito a cercarla, senza sapere che anche per l’improvvisato detective il fato ha in serbo una sorpresa. [...] Nell’efficace fotografia di Luca Bigazzi, la Venezia popolare e naturalista del film si trasforma di notte in un luogo fantastico, ideale cornice di una favola dal finale conciliatorio in cui ogni problema miracolosamente si appiana. E ritagliando la storia in chiave di commedia con qualche spunto grottesco, il regista si rivela capace di far sorridere, mentre i protagonisti (la trasognata Maglietta e il romantico Ganz) spiccano accattivanti.
Alessandra Levantesi
L’idea di fare una commedia mi solleticava da un po’, ma solo dopo
Le acrobate ho capito che era venuto il momento: avevo bisogno di un cambio, avevo voglia di divertire e di lavorare sui personaggi in modo più sottolineato, come è difficile fare in un film drammatico. [...] È sempre un problema trovare il titolo giusto per un film. All’inizio lo chiamavamo Rosalba, in modo provvisorio. Poi un giorno Doriana è venuta fuori con questo, che all’inizio mi sembrava il titolo di un film di Makhmalbaf (il regista di
Pane e fiore). Ma mi piaceva molto il gioco che conteneva questo titolo, doveva essere un titolo da commedia. Abbiamo allora indagato sui tulipani e abbiamo scoperto che sono fiori che nascondono una lunga storia nata in Oriente, dove del Quattrocento riempivano i giardini dei sultani ed erano considerati simbolo di desiderio, amore, bellezza. E questo ci è piaciuto molto.
Silvio Soldini
Serata promossa da
Mielizia