Dal 3 al 20 marzo al Cinema Modernissimo
Lunedì 3 marzo, ore 21.30
Introduce Gabriele Mainetti
ANGELI PERDUTI (Duòluò tiānshǐ, Hong Kong/1995) di Wong Kar-wai (99’)
Due piccole storie tagliate fuori da Hong Kong Express (dovevano dare vita al terzo episodio) che crescono e, quasi per magia, diventano un altro capolavoro. Storie di angeli caduti, non “‘perduti” come vorrebbe il titolo italiano, che disegnano due grandi ritratti di solitudini metropolitane. Un film che ci svela il lato pop e postmoderno di Wong Kar-wai, capace di sensualità e di aggressività, capace di cambiare sguardo e stile, con la macchina da presa che viaggia dentro il buio di una città deserta e dentro il buio delle sue anime. Non meno deserte.
Giovedì 6 marzo, ore 22.15
FREAKS OUT (Italia-Belgio/2021) di Gabriele Mainetti (141’)
Dopo l’esordio di Lo chiamavano Jeeg Robot, Mainetti conferma il suo talento visionario raccontando la storia di quattro freaks da circo dotati di superpoteri (un uomo lupo forzuto, un nano dal corpo magnetico, un albino in grado di controllare gli insetti e una ragazzina con straordinari poteri elettrici), inseguiti dai nazisti nella Roma occupata del 1943. “Freaks Out nasce da una sfida: ambientare sullo sfondo della pagina più cupa del Novecento un film che fosse insieme un racconto d’avventura, un romanzo di formazione e – non ultima – una riflessione sulla diversità” (Gabriele Mainetti).
Domenica 9 marzo, ore 19.45
LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT (Italia/2015) di Gabriele Mainetti (118’)
“Quando ti avventuri in un genere che non ti è proprio, il rischio di scadere in un’imitazione è dietro l’angolo. È per questo che non abbiamo voluto raccontare le avventure di un superuomo in calzamaglia. Non avremmo avuto il tempo necessario per aiutare lo spettatore a sospendere l’incredulità. Dovevamo perciò convincerlo a credere dall’inizio. Come? Con le verità che ci appartengono, tangibili in personaggi ricchi di fragilità, che spero riescano a trascinare per mano lo spettatore in un film che, lentamente, si snoda in una favola urbana fatta di superpoteri”. (Gabriele Mainetti)
Martedì 11 marzo, ore 13
BASETTE (Italia/2008) di Gabriele Mainetti (16’)
TIGER BOY (Italia/2012) di Gabriele Mainetti (20’)
Il primo giorno da ladro di Antonio, protagonista di Basette (presentato a Visioni Italiane 2009), sua madre viene arrestata. Dopo vent’anni, insieme a due amici, tenta una rapina ma viene ferito. Grazie alla fantasia impersonerà Lupin III pronto a scappare con la sua amata. In Tiger Boy, Matteo, nove anni, costruisce una maschera del suo mito: un wrestler di Corviale chiamato il Tigre. Una volta indossata non è più disposto a togliersela: non è un capriccio ma una richiesta d’aiuto. In concorso a Visioni Italiane 2013.
Mercoledì 12 marzo, ore 18
PER UN PUGNO DI DOLLARI (Italia-RFT-Spagna/1964) di Sergio Leone (100’)
“Sergio Leone ha reinventato e rivitalizzato il western, ha sempre avuto una visione libera e ha giocato ad alzare l’asticella. Film dopo film si poneva sfide nuove. Amo questo regista perché guardando i suoi film ti senti a casa e contemporaneamente proiettato nel mondo” (Gabriele Mainetti).
Sabato 15 marzo, ore 22.30
OLD BOY (Corea del Sud/2003) di Park Chan-wook (120’)
Quindici anni di confino in una stanza con il solo conforto di uno schermo tv e un’ingiusta accusa di uxoricidio. Quanto basta per scatenare una cieca e sanguinosa sete di vendetta. “Forse il mio film del cuore. Meraviglioso. Per me è stato l’incontro con la cultura e il cinema coreano. Ho cercato di integrarlo un po’ nel mio cinema, non so con quanto successo. Quello che mi piace è questo apparente immobilismo dei personaggi di fronte alle avversità, quando invece dentro hanno tutto. Incredibile” (Gabriele Mainetti).
Giovedì 20 marzo, ore 22
L’ASSASSINA (Ak Nyeo, Corea del Sud/2017) di Jung Byung-gil (129’)
Le vicissitudini dell’assassina Sook-hee, rapita e addestrata fin da piccola a uccidere. Arruolata dal National Intelligence Service, le si presenta l’occasione di cambiare vita. Ma non sarà affatto semplice. Aperto da un immersivo scontro in soggettiva e chiuso da un climax di parossistica violenza, il film di Byung-gil Jung è un piccolo cult del genere, connubio estremo tra Nikita di Besson e Kill Bill di Tarantino, che non lascia allo spettatore, così come alla sua protagonista, neanche un attimo di respiro.