Doppio appuntamento con il regista russo Andrej Zvjagincev

Giovedì 4 luglio, alle ore 21.45 in Piazza Maggiore, presenterà Leviathan. Venerdì 5 luglio, alle ore 18 al MAST.AUDITORIUM, incontro pubblico e presentazione di Loveless.

Doppio appuntamento con il regista russo Andrej Zvjagincev, che in questi giorni sta insegnando a Bologna ai ragazzi dell’IFA – International Filmmaking Academy.

Domani, giovedì 4 luglio, alle ore 21.45, sarà in Piazza Maggiore, nell’ambito della manifestazione Sotto le stelle del cinema, per presentare il suo film del 2014, Leviathan.

Venerdì 5 luglio, alle ore 18 al MAST.AUDITORIUM, Andrej Zvjagincev terrà un incontro pubblico assieme al direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli e presenterà, a seguire, il suo film del 2017, Loveless.

“Il difficile rapporto tra uomo e stato è da moltissimo tempo un tema ricorrente della vita in Russia”, ha detto Zvjagincev, parlando di Leviathan. “Ma se il mio film è ambientato in terra russa è solo perché non sento alcuna parentela, alcun legame genetico con nient’altro. Tuttavia sono profondamente convinto che, a prescindere dalla società in cui viviamo, dalla più sviluppata alla più arcaica, un giorno ci troveremo tutti a dover scegliere tra due alternative: vivere come schiavi o vivere come uomini liberi. E se pensiamo ingenuamente che possa esistere un potere statale che ci liberi da quella scelta ci sbagliamo di grosso. Nella vita di ogni uomo arriva un momento in cui deve confrontarsi con il sistema, con il Mondo, e difendere il proprio senso della giustizia, il proprio senso del divino sulla Terra. Oggi è ancora possibile porre queste domande al pubblico e trovare nel nostro paese un eroe tragico, un Figlio di Dio, un personaggio che è tragico da tempo immemorabile. Ed è proprio per questo che la mia patria non è ancora perduta per me, né per chi ha realizzato questo film”.

Queste invece le parole di Zvjagincev a proposito di Loveless: “Mi piacerebbe riuscire a tracciare delle linee di collegamento tra Loveless e il film di Ingmar Bergman Scene da un matrimonio, trasposto in un’epoca diversa e recitato da altri personaggi: cittadini contemporanei, privi di qualsiasi forma di autocoscienza o dubbio, una coppia della classe media della Russia di oggi. Stanchi l’uno dell’altro dopo tanti anni di matrimonio, un uomo e una donna decidono di divorziare. Una situazione come tante altre… Solo che entrambi hanno già nuovi progetti di vita. Desiderano voltare pagina. Iniziare un nuovo capitolo della loro vita, con un nuovo partner e nuove emozioni che li possano far sentire finalmente completi e pieni di buoni propositi per il futuro. L’esperienza passata ha minato un po’ la loro fiducia ma sono ancora carichi di aspettative per il futuro. Quello che rimane da fare è liberarsi del fardello che si frappone tra loro e la felicità: il figlio Alyosha, un estraneo per entrambi, che diventa uno straccio che si lanciano con rancore uno in faccia all’altro. “Voglio che sia diverso: non voglio ripetere gli errori che mi hanno portato a questa delusione; voglio un nuovo inizio” – è quello che pensano tutti quelli che si vergognano dei propri fallimenti. Alla fine, l’unica cosa che puoi realmente cambiare è te stesso. Solo dopo averlo fatto il mondo che ti circonda tornerà a splendere di nuovo. Questa era postmoderna è una società post-industriale inondata da un continuo flusso di informazioni ricevute da individui che si interessano alle altre persone sporadicamente e solo per ottenere qualcosa in cambio. Ogni individuo pensa solo a se stesso. L’unico modo per potersi sottrarre a questa indifferenza è quello di sacrificare se stesso per gli altri, anche per persone estranee, come il coordinatore dei volontari che perlustra il paese per cercare il bambino scomparso, senza ricevere nessuna ricompensa, come se questo fosse l’unico scopo della sua vita. Uno scopo che dà senso ad ogni sua azione. Questo è l’unico modo per combattere la brutalità e il caos del mondo”.