L’editoriale di ottobre

Il programma di ottobre nelle sale della Cineteca

La cifra di questo mese è l’indipendenza. Saranno state le immagini oscene che mai avremmo immaginato di vedere, quelle di un popolo costretto a lasciare la sua terra, le sue case, senza alcuna certezza sul domani se non il dover cercare la sopravvivenza, messo in fuga da un esercito ultra moderno e super tecnologico, dedito a distruggere, palmo a palmo, tutto quello che incontra sulla sua strada.
Sarà stata la visione di La voce di Hind Rajab, perfetta metafora della situazione in cui noi tutti, non solo i protagonisti della storia, ci riconosciamo: perché tutti vorremmo poter fare qualcosa per salvare Hind, ma la nostra voce, la voce di milioni di persone, cade nel vuoto e sentiamo con dolore la nostra impotenza. Sarà stato il coraggio dei quattro registi, due palestinesi e due israeliani, che hanno così precisamente raccontato in No Other Land quello che sta accadendo in Cisgiordania, sarà stata la volontà di indipendenza del cinema israeliano che ha attribuito il principale premio nazionale, l’Ophir Awards, a The Sea del regista israeliano Shai Carmeli-Pollak, tacciato di essere filopalestinese.
Consapevoli della nostra impotenza davanti a una così grande tragedia umana, vi offriamo un programma che crede nella cultura e quindi nella capacità degli uomini di essere migliori della guerra. La grande sfida, oggi, per la creazione cinematografica è l’indipendenza, dall’omologazione, da un cinema di pura forma e senza contenuti, da un cinema prodotto di calcoli finanziari che si rivolge non a esseri umani, ma solamente a consumatori in cerca d’intrattenimento. Questo programma celebra gli indipendenti, quelli che hanno fatto i film in cui credevano, a rischio di non essere compresi, se non molti anni, decenni o un secolo dopo.
Inizio dai due film del mese, Peeping Tom – L’occhio che uccide e The Rocky Horror Picture Show. La critica dell’epoca si divise in due, una parte ignorò il film di Powell e l’altra propose di prenderlo e di gettarlo nella spazzatura; era, invece, un capolavoro di originalità e bizzarria, dove lo sguardo assassino della macchina da presa riprende la morte al lavoro. Riflessione profonda sul cinema e la riproduzione della vita, è uno dei film più sorprendenti di tutta la storia del cinema.
Ugualmente il film di Jim Sharman fu un grande fiasco quando uscì, perché era in anticipo di vent’anni o più. Oggi possiamo affermare che è il più bel musical dell’ultimo mezzo secolo. Quindici anni separano Peeping Tom da Rocky Horror, che segnano l’inizio e la fine della rassegna “Modern English”, dedicata ad alcune perle di cinema indipendente britannico, per lo più film a basso costo, che coglievano i movimenti sociali e artistici in corso, ma che sapevano anche offrire una lingua nuova a quel sentimento di cambiamento che aveva contagiato l’aria: dal primo film dei Beatles a un leggendario concerto dei Rolling Stones, dal tenero e straziante La ragazza del bagno pubblico, dell’esule polacco Skolimowsky, con le musiche di Cat Stevens, all’esplosione immaginifica di Ken Russell, dall’esordio sublime di Ken Loach a quello di Nicolas Roeg, che firma con Donald Cammell Sadismo; non assomiglia a nessun film che lo ha preceduto, ma ha influenzato e continua a influenzare quelli che sono venuti dopo, a cominciare da Tarantino.
Ottobre ci porta i film di una star che si è sempre battuta per il cinema indipendente, Robert Redford. La sua morte ci rattrista, poter rivedere i suoi film ci rallegra e ci farà pensare che gli Stati Uniti possono essere molto migliori di quelli che sembrano voler essere oggi. Redford è stato per molti decenni l’icona stessa dell’America; impossibile non amare questa divinità di bellezza, fisicità, sensibilità, genio attoriale. Capace di reggere un film da solo o condividendo la scena con partner femminili o maschili d’altrettanto fascino, ma anche di passare dietro macchina da presa senza passi falsi e di ergersi a baluardo del cinema indipendente, con la creazione del Sundance, istituzione e festival, che ha scoperto, tra gli altri, autori come Jarmusch e Soderbergh, i Coen e Tarantino, Linklater e Nolan…
Celebriamo poi tre indipendenti italiani. Elvira Notari, prima cineasta italiana, emblema d’indipendenza creativa e produttiva, di cui mostriamo, a centocinquant’anni dalla nascita, due film restaurati e accompagnati dal vivo da musicisti napoletani, e un documentario che ne ricostruisce la storia. Se c’è stato un indipendente nel cinema italiano, quello è Franco Maresco, che, in particolare assieme a Daniele Ciprì, ha firmato alcuni dei momenti più ‘irregolari’, fuori da ogni schema, del nostro cinema degli ultimi trent’anni. Gli dedichiamo una retrospettiva quasi completa, con anche una selezione di Cinico Tv. Per chi non l’ha mai visto, è un’occasione da non perdere, per chi lo conosce, una bellissima possibilità di rivedere quello scandalo televisivo che oggi nessuna emittente metterebbe
in onda. Terzo indipendente che vi invitiamo a scoprire è un giovane a inizio carriera, Francesco Sossai, trentasei anni, che ha fatto un secondo film, Le città di pianura (il primo, Altri cannibali, uscito durante il Covid, è quasi un inedito), originalissimo, divertente e politico, sgangherato e poetico; è anche ricco di riferimenti cinefili e per questo abbiamo proposto a Sossai di curare una carta bianca, e lui ha accettato con entusiasmo e ha scelto cinque capolavori, tutti film di viaggio, tutti, più o meno, citati in Le città di pianura.
Nel programma c’è anche molto altro, il Medioevo, due festival, WeWorld e Gender Bender, ancora Herzog e Lynch, omaggi a Stefano Benni, a Orson Welles, a Goffredo Fofi
Chiudo sul poliziesco all’italiana, puntata ottobrina della vasta esplorazione che stiamo dedicando al noir cinematografico, in occasione della grande mostra dedicata a Simenon. La violenza era arrivata nel cinema italiano a metà anni Sessanta attraverso gli spaghetti western. Qualche anno dopo si affermò il poliziottesco, che raccontò come la violenza stava uscendo da un ambito di microcriminalità, spia di una trasformazione sociale e antropologica. La critica sottostimò il valore di quei film e di quegli autori, che scrissero la pagina più originale del noir all’italiana. Rarissimo vederli al cinema! Buone visioni,

Gian Luca Farinelli

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