Smog aprì la Mostra del Cinema di Venezia del 1962, per poi scomparire per sessant’anni, fino al restauro curato dalla Cineteca di Bologna e dalla UCLA Film & Television Archive. Tra diario di viaggio e road movie dal respiro Nouvelle Vague, il film racconta lo smarrimento e lo stupore di un italiano di fronte al paesaggio urbano avveniristico di Los Angeles e a una geografia esistenziale che fatica a decifrare.
“Smog racconta la storia di un avvocato romano catapultato a Los Angeles, da dove ripartirà dopo quarantotto ore senza più le certezze che aveva prima di arrivare in quella specie di città del futuro”, scrive Gianfranco Giagni, nipote dello sceneggiatore Gian Domenico Giagni e co-curatore del libro. “A produrlo, la Titanus di Goffredo Lombardo, a dirigerlo, Franco Rossi. A interpretarlo: Enrico Maria Salerno, Renato Salvatori e Annie Girardot. Le musiche di Piero Umiliani, con il grande Chet Baker. La fotografia di Freddy McCord, lo stesso del Tesoro della Sierra Madre. Per scrivere la storia di Smog Franco Rossi e lo sceneggiatore Gian Domenico Giagni raggiunsero a Los Angeles Pier Maria Pasinetti, che in quella città ci viveva. A Roma si aggiunsero in seguito altri sceneggiatori, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Ugo Guerra, Franco Brusati. Smog è fondamentalmente un film on the road. Lungo i boulevard di Los Angeles accadono le cose che gli sceneggiatori avevano visto di persona, dentro le case personaggi e situazioni che potevano stupire gli italiani di allora, quando per loro l’America era qualcosa di lontano, di irraggiungibile. Così come gli italiani da poco usciti dalla guerra, vedendo il film, si sarebbero stupiti dalle sequenze girate nell’avveniristico Inglewood Airport, nella casa di Annie Girardot con la piscina sospesa su Los Angeles o nella Judge House, un’enorme sfera trasparente, una casa che somiglia a un’astronave dove si conclude il film. Girato con uno stile documentaristico, Smog racconta gli italiani che vivevano in quella città, il loro rapporto con i californiani, ma anche il provincialismo e la superficialità del protagonista, un tipico figlio del boom economico”.