Scegli il tuo mondo
programmazione
Cerca
Sabato 13 luglio, alle ore 21.45 in Piazza Maggiore, il film di Pupi Avati con Ugo Tognazzi scritto assieme a Italo Cucci.
Sotto le stelle del cinema festeggia gli 85 anni del giornalista Italo Cucci. Sarà lo stesso Cucci, sabato 13 luglio, alle ore 21.45 in Piazza Maggiore, a presentare assieme ad Antonio e Pupi Avati il film Ultimo minuto, diretto da Pupi Avati, scritto assieme a Italo Cucci, e interpretato da Ugo Tognazzi.
In chiusura di serata, Elogio della follia nel gol di Giorgio Comaschi: Comaschi – frequentatore del Bologna fin da bambino, prima come calciatore mai sbocciato, poi aiutando il babbo fotografo a scattare immagini dietro alla porta, più tardi come giornalista sportivo – ha realizzato questo cortometraggio con il capitano del Bologna Lorenzo De Silvestri e il portiere Federico Ravaglia per raccontare le sensazioni più intime e profonde che suscita il momento del gol, realizzato o, nel caso dell’estremo difensore, negato.
“La mia collaborazione con Pupi e Antonio nacque con il jazz”, ricorda Italo Cucci. “Nel senso che già conoscevo Ciccio Foresti e Alberto Alberti che mi fecero voglia di abitare a Bologna nel 1959, quando ancora facevo avanti e indietro da Rimini a Bologna, sperando di entrare al «Carlino». Poi mi trasferii sotto le Due Torri nel 1960, debuttai sul «Carlino» con un pezzo in memoria dell’amico Fred Buscaglione. Frequentavo la scena jazz e andavo ad ascoltare Pupi quando suonava con la Rheno Dixieland Band. Successivamente arrivò il cinema e raccontai la cronaca sul set della Casa dalle finestre che ridono. Dopo Bologna ci siamo ritrovati a Roma, a casa di Pupi, in via del Babuino, quando ero al «Corriere dello Sport», e con Pupi e Antonio abbiamo scritto Ultimo Minuto”.
“Il calcio in Ultimo minuto – ha scritto Andrea Maioli – è l’assenza del gioco così come la musica di Mozart era assente in Noi tre. In campo scende la metafora e gli agganci con Impiegati e ancora di più con il dittico del poker sono evidenti. Se là uno dei temi da affrontare era quello della paura e del tradimento, stavolta si aggiunge quello della vecchiaia, della clessidra del tempo che batte sul tamburo, lentamente, di una generazione che viene retrocessa e sostituita da nuove leve non necessariamente all’altezza. Tutto concentrato nella figura di Walter Ferroni, general manager di una di quelle squadre di serie A che lottano nel buio più profondo della classifica. Un uomo il cui cuore batte solo ed esclusivamente per la squadra alla quale ha dedicato la vita. Walter Ferroni è Ugo Tognazzi che richiamato per la seconda volta da Avati, in tempi così diversi e lontani dalla Mazurka, offre un’interpretazione meravigliosa. Tra Pupi Avati e il mondo del calcio c’è lo stesso rapporto che c’è con il mondo del poker. Praticamente zero: «Il mio rapporto con il calcio è totalmente filtrato da Antonio [Avati]. È lui che da bambino ascoltava le partite alla radio, e ne disegnava gli schemi. Ma per fare un film come Ultimo minuto ho cominciato con due mesi e mezzo di conversazioni, tutte le sere, con mio fratello e l’altro sceneggiatore, il giornalista sportivo Italo Cucci: anzi, loro parlavano e io, zitto, ascoltavo e prendevo appunti». La messa in scena della commedia umana sul rettangolo di gioco necessita di vincitori (pochi) e di sconfitti (tanti). Nella prima squadra milita il diciassettenne calciatore (è Marco Leonardi) strappato ai campetti periferici dallo scout Abatantuono e catapultato in serie A grazie alla disperata intuizione di Ferroni: sarà lui a segnare quel gol all’ultimo minuto che regalerà la vittoria alla squadra. Alla compagine degli sconfitti appartiene Boschi (Bonetti), parente stretto del giocatore di poker Ugo Cavara-Cavina, che invece un rigore lo sbaglierà apposta essendosi venduto al calcio-scommesse. È una figura nel limbo, di passaggio tra i due mondi, quella di Nik Novecento giunto quasi al capolinea di vita e carriera. Appartiene alla categoria dei vincitori il personaggio di Tognazzi, Il riscatto finale almeno all’apparenza gli appartiene; il suo sfogo è quello di un uomo finito che tira le somme di una vita non certo ineccepibile ma forse condivisibile”.