Jim Jarmusch occupa un posto tutto suo nel panorama culturale americano. È unico quanto Robert Frost, Sam Shepard e Nicholas Ray, tutti e tre evocati – in un modo o nell’altro – in quel film impalpabile e cupamente comico che è Down by Law […]. Le commedie di Jarmusch, che potrebbero essere definite storie esistenziali senza capo né coda, sfuggono a ogni paragone con il cinema americano contemporaneo. Guardare uno di questi film può perfino essere terapeutico: ripulisce la mente da tutti i detriti accumulati reagendo nei modi preconfezionati richiesti dalla maggior parte degli altri film. Down by Law è una sostanza euforizzante, anche se sulle prime non ve ne renderete conto. La fotografia in bianco e nero di Robby Müller è ricca, quasi liquida, e ricorda film come Il grande caldo e Giungla d’asfalto. Down by Law è la storia di tre reietti apparentemente sacrificabili: un pappone da due soldi, un disc jockey disoccupato e un turista italiano dall’indomabile allegria che sembra essere sbarcato nel paese sbagliato senza rendersene conto. […] Down by Law è una favola densa e intensamente poetica. È così compatto che non è facile isolare e identificare gli elementi che lo rendono quello che è. Le interpretazioni di Lurie, Waits e Benigni sono straordinarie. E tuttavia non esisterebbero se non fossero state riprese da Jarmusch e Müller con una profondità di campo tale da permettere ai tre di trovarsi sullo schermo contemporaneamente, nella stessa inquadratura. Solo in questo modo possono davvero agire insieme e reagire l’uno all’altro – cosa impossibile quando la macchina da presa continua a saltare da un attore all’altro. […] L’entusiasmo che Down by Law suscita non viene da ciò di cui ‘parla’. Ridotto alla sua trama, il film è molto esile. Ma la trama non è l’elemento essenziale. L’entusiasmo nasce dalla consapevolezza di stare osservando un vero regista all’opera, capace di usare il mezzo cinematografico per costruire una narrazione che non potrebbe esistere né a teatro né sulla pagina stampata di un romanzo. Down by Law agisce sulla mente e sui sensi in modo completamente diverso. È un piacere assoluto, dalle elegiache immagini iniziali alla sorprendente scena finale, divertente di per sé ma anche allusione irriverente all’ormai un po’ logora Strada non presa di Robert Frost.
Vincent Canby, “The New York Times”, 19 settembre 1986
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