“Jim Jarmusch si era fatto conoscere con Stranger than Paradise come uno degli sguardi più originali del panorama indipendente americano. Daunbailò, proiettato in concorso a Cannes, rappresenta agli occhi della critica più una bella conferma che un’autentica sorpresa. Si avverte bene già all’epoca (in fondo il regista era solo al terzo lungometraggio) la presenza di un autore con un carnet di ossessioni chiare e lo stile giusto per raccontarle: un ibrido di rigore e sciatteria, meditata costruzione e stralci di azioni improvvisate, male di vivere e perplesso sense of humour, desideri paesaggistici e laidi acquari post-beckettiani. Un cinema che si muove di continuo ma torna volentieri su se stesso”. (Andrea Meneghelli)