“Penso che la religione sia utile se la si considera come una base morale. La fede è qualcosa che mi sfugge, dato che non riesco a immaginare che si possa credere a qualcosa che non esiste”. A partire da questa base razionalista, Melville costruisce anche il tono dell’interpretazione di Belmondo, l’asciutto rigore di un attore qui ammirevolmente estraneo a se stesso.
Il suo Léon Morin è il prete di un piccolo paese nella Francia occupata, dove la resistente Emmanuelle Riva, ebrea, comunista e atea, trova conforto proprio nelle lunghe conversazioni con lui. Sono un uomo e una donna, i sentimenti si fanno strada, ma la strada che percorreranno sarà dura, malinconica, melvilliana.
(pcris)
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