Indimenticabile Eleonora Giorgi

Il cinefilo italiano deve amare Eleonora Giorgi. Un’attrice capace di farsi squartare nel cinema di Dario Argento, di erotizzarsi negli ‘osé d’autore’ anni Settanta (Campanile, Salce, Samperi), di trasformarsi in macchina da box office anni Ottanta (con Celentano, Pozzetto, Dorelli), di condurre Carlo Verdone su territori genialmente sofisticati, di farsi serissima con Cavani e Damiani: che dire? Giorgi riusciva in quell’arte unica di essere riconoscibilmente Eleonora in tutti i ruoli pur cambiando personaggio in maniera radicale. Emblema delle trasformazioni post-femministe del riflusso, ha gestito la rappresentazione del corpo con grande consapevolezza ed è in fondo stata anche un modello culturale di donna indipendente. Il volto asciutto sembrava disegnato per poter lasciare agli occhi azzurri e alla voce strana, roca, il compito di confessarsi. Lo show business ha rischiato di stritolarla fuori dal set, ma si è sempre ripresa dalle batoste a testa alta. Se n’è andata con coraggio, raccontando la malattia con rara leggerezza e sentendosi amata: non si sbagliava.

Roy Menarini