Tratto del decumano massimo di Bononia e frammento di fistula aquaria in piombo (fine I secolo a.C. – inizi I secolo d.C.)

L’impianto urbano di Bononia, colonia latina fondata nel 189 a.C., coprì un’ampia area suddivisa in isolati rettangolari basati su due assi viari principali: il cardine (circa N-S) e il decumano massimi (circa E-O). Quest’ultimo coincideva con la via Aemilia (187 a.C.), l’importante strada che aveva origine ad Ariminum e proseguiva fino a Placentia. 
Il decumano massimo di Bononia si presenta come lastricato in blocchi (basoli) di pietra trachitica dalla forma poligonale, piani sulla superficie per facilitare il transito dei carri e sbozzati grossomodo a forma conica nel lato inferiore per migliorare l’ancoraggio al sottofondo. I segni del continuo passaggio dei veicoli sono visibili sotto forma di orme carraie, talvolta incise artificialmente per consentire un miglior scorrimento delle ruote sulla carreggiata.
Un frammento di fistula aquaria è stato rinvenuto al di sotto di un secondo tratto di decumano massimo individuato in quest’area. Le fistulae erano tubi in piombo realizzati per le varie derivazioni di acqua potabile dagli acquedotti verso le fontane e le più ricche case private.

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Nella gallery, in ordine di comparsa:
1. Bologna. Scavi per il sottopassaggio di via Rizzoli (1959). Panoramica da Est di un tratto di decumano massimo rinvenuto nel centro di via Rizzoli a -3.20 m dal piano. Sullo sfondo, a sinistra, Palazzo d’Accursio.
2. Dettaglio del tratto di decumano massimo rivenuto a fondo scavo e attualmente esposto.
3. Frammento di fistola in piombo proveniente da Reggio Emilia. Età romana. Come sul frammento qui esposto, le fistulae di questo tipo potevano recare un’iscrizione in rilievo recante il nome del fabbricante oppure del proprietario della struttura di cui la fistola faceva parte.

(Anonimo, © Soprintendenza Archeologia, Belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara)

Approfondimenti

L’assetto urbano di Bononia

Il processo di espansione di Roma nel territorio padano, iniziato nel III secolo a.C., culminò con la definitiva sconfitta dei Galli Boi nel 191 a.C. Al termine del periodo di belligeranza, Roma fondò nuove colonie nel territorio padano, compresa Bononia (189 a.C.).
La scelta dell’area del nuovo insediamento risultò fortemente influenzata da più elementi di natura geoambientale e topografica in parziale continuità con le fasi precedenti. In primo luogo, il torrente Aposa, già confine dell’abitato etrusco, e il rio Vallescura furono scelti come elementi di delimitazione del perimetro urbano orientale e occidentale. Inoltre, nell’area destinata alla fondazione della nuova colonia era già presente un nucleo stabile di genti latine, a partire probabilmente dal tardo III secolo a.C.. 
Il sistema urbano, basato su uno schema regolare, fu incentrato sui due principali assi viari, ovvero il cardine (contraddistinto da una direttrice generale Nord-Sud) e il decumano massimi (Est-Ovest). Quest’ultimo coincise a partire dal 187 a.C. con il percorso cittadino della via Aemilia, la strada consolare che collegava le colonie e i centri principali tra Rimini  e  Piacenza. Rispetto all’orientamento Est-Ovest prevalente della via consolare, tuttavia, il tracciato del decumano massimo di Bononia si contraddistinse per un leggero disassamento. Non si trattò in effetti di un tracciato realizzato completamente ex-novo. La costruzione del decumano massimo ricalcò infatti il percorso di tratti stradali già esistenti e piste battute fin dall’età etrusca, come dimostrato dalla presenza di tombe databili tra la fine dell’ VIII secolo e il V secolo a.C. lungo la futura via Aemilia nel tratto ponente (Via Saffi) e levante (Strada Maggiore). Le sepolture di età etrusca, infatti, si presentavano allineate come a fiancheggiare un tracciato.
L’assetto urbano di Bononia attualmente ricostruito occupava una vasta area di forma quadrangolare di circa 50 ettari, suddivisa in isolati rettangolari  con l’asse maggiore parallelo al decumano massimo. 
La programmazione urbanistica aveva previsto, a partire dall’incrocio tra decumano e cardo massimi, dove si trovava l’area del foro, una fascia longitudinale di isolati in posizione centrale destinata a ricevere nel corso del tempo gli edifici pubblici più rappresentativi. La maggior parte dei restanti isolati che componevano l’impianto urbano era  destinata alle abitazioni private, che al momento della deduzione coloniale paiono distribuite in modo rarefatto, mentre in seguito saranno più serrate ed articolate.


La via Aemilia

Nel 187 a.C., sotto il consolato di M. Emilio Lepido, venne tracciata la principale arteria di collegamento della regione che si estendeva tra Rimini e Piacenza, la via Aemilia. Questa strada rappresentò l’asse portante, o, meglio, il decumano massimo, di tutte le città fondate o rifondate in questa regione durante l’età romana, compresa Bononia (189 a.C.). La via Aemilia costituì un’opera infrastrutturale nuova dal punto di vista strategico, contraddistinguendosi per tecniche costruttive e strutturali omogenee lungo il suo intero tracciato. L’ampiezza della carreggiata e il sottofondo robusto permettevano infatti il passaggio agevole e rapido delle truppe, nonché del traffico commerciale, postale e amministrativo di questo territorio. Tale opera assunse pertanto un importante significato politico, in quanto rappresentò il segno fisico della totale presa di controllo della regione da parte di Roma, dal punto di vista militare, costituendo di fatto una sorta di confine e baluardo strategico, ma anche un formidabile mezzo di integrazione culturale.


Il decumano massimo

Il tratto di decumano massimo qui visibile si presenta come lastricato in blocchi (basoli) di pietra, più specificatamente trachite, proveniente dai Colli Euganei. I basoli si contraddistinguono per una forma irregolare, ben levigati sul lato superiore per facilitare il passaggio dei carri e sbozzati grossomodo a forma conica nel lato inferiore per migliorare l’ancoraggio al sottofondo di sabbia o argilla. I segni del continuo passaggio veicolare sono ben visibili sotto forma di orme carraie, talvolta assai pronunciate. Questi solchi erano spesso incisi artificialmente per consentire una maggiore ‘tenuta’ delle ruote sulla carreggiata.
Questa tipologia di lastricato è attestata a Bononia anche nei primi tratti suburbani della via Aemilia, ovvero nei prolungamenti del decumano massimo al di fuori dei limiti del centro urbano. Oltre questi ultimi, la strada era semplicemente realizzata in ghiaia e ciottoli di piccole e medie dimensioni, pressati nel terreno senza alcun tipo di legante (glareata).
La pavimentazione stradale in basoli di trachite risale probabilmente all’età dell’imperatore Augusto (fine I secolo a.C. – inizi I secolo d.C.), realizzata nell’ambito di un programma teso alla monumentalizzazione del paesaggio urbano e al potenziamento delle principali componenti urbanistiche ed infrastrutturali di Bononia. Tali opere di urbanizzazione proseguirono per tutto il II secolo d.C..


La fistula aquaria

Assieme al tratto di decumano massimo, è esposto un frammento di fistula aquaria rinvenuto in via Rizzoli al di sotto di un tratto di basolato stradale. Si tratta di una condotta idrica, usualmente realizzata in piombo (e, più raramente, in terracotta) impiegata nei sistemi di distribuzione dell’acqua potabile dagli acquedotti alle fontane, alle case private (domus) più ricche. Le fistulae erano fabbricate dai cosiddetti plumbarii, i quali usavano generalmente stampi in pietra della lunghezza di 10 piedi (circa 2,96 m) nei quali si colava il piombo fuso.
La lastra in piombo era successivamente avvolta intorno ad un’anima di legno, a sezione circolare. Una volta saldati i due lembi della lastra si ottenevano tubi contraddistinti da una lunghezza standard (2,96 m).
Questi manufatti recavano spesso bolli o iscrizioni in rilievo recanti il nome del fabbricante oppure del proprietario dell’edificio di cui la fistula faceva parte.

Gli scavi per il sottopasso di Via Rizzoli (1957-1959)

Tra il 1957 e il 1959, in un’Italia in pieno boom economico, il Comune di Bologna progettò la realizzazione di grandi sottopassaggi pedonali nel cuore del centro storico al fine di migliorare la circolazione negli incroci. In particolare, la zona interessata da questo progetto fu l’incrocio tra Via Rizzoli e Via Ugo Bassi, il cuore pulsante della città. Nel 1958 venne inaugurato il primo sottopassaggio costruito all’incrocio tra piazza Re Enzo e via Rizzoli mentre il secondo, inglobante il primo e di maggiori dimensioni, venne inaugurato nel 1960 all’incrocio delle vie Indipendenza, Ugo Bassi, Rizzoli e piazza Re Enzo. 
Fin dal 1957 gli scavi per il primo sottopassaggio intercettarono tra via Caduti di Cefalonia e via Fossalta, alla quota di -3,20 m dal piano di calpestio, due tratti di pavimentazione stradale in basoli poligonali di trachite, caratterizzati da un orientamento Ovest-Est. Tali resti, come ulteriori quattro lacerti rinvenuti nel 1959 lungo l’asse Via Ugo Bassi-Via Rizzoli, sono stati ricondotti al decumano massimo di Bononia. Alla stessa quota fu documentato un ulteriore lacerto di basolato stradale, con orientamento Nord-Sud, interpretato come un cardine, al di sotto del quale venne rinvenuto un tratto di fognatura in muratura (cloaca). Brevi tratti di un secondo cardine e la sottostante cloaca furono documentati nel 1959 lungo l’asse Piazza Nettuno-Via Indipendenza. 
Oltre agli assi viari, nel 1957, in corrispondenza di Via Fossalta, a circa 20 m dal lato settentrionale di Via Rizzoli, fu individuato un pavimento realizzato con tessere musive bianche e nere a motivo geometrico, e con l’inserzione di crustae marmoree. Durante i medesimi lavori si mise un secondo lacerto di mosaico all’altezza della facciata di Palazzo Re Enzo, con un complesso decoro geometrico. I due mosaici, appartenenti forse alla stessa domus, sono stati datati al I secolo a.C..
Tra le evidenze archeologiche documentate durante gli scavi del secondo sottopasso (1959), riveste un’importanza particolare il rinvenimento all’incrocio tra Via Ugo Bassi e Via Rizzoli di un muro di fondazione angolare, lungo 11 metri e spesso 1,6, riconducibile ad un edificio pubblico dalla complessa articolazione e ipotizzato come curia o tabularium di età repubblicana. A poca distanza da questa struttura, in Via Ugo Bassi, fu individuato infine un blocco di conglomerato di calce, ciottoli e pezzame laterizio, interpretato come base di un arco trionfale. Tale monumento marcava probabilmente l’accesso allo spazio pubblico del foro, solitamente riservato al solo traffico pedonale. 
In conclusione, gli scavi del sottopasso di Bologna, sebbene non condotti con metodo stratigrafico, fornirono un importante spaccato del cuore della Bologna romana, contribuendo in modo significativo ad una ricostruzione del suo assetto urbano.