“Nato alle due dell’8 febbraio 1931, James Dean appartenne a quella generazione di americani che, per una differenza di cinque anni, non fece la guerra: una generazione che si sentì esclusa dal diritto di vantarsi o dolersi di un’avventura storica e che, mortificata dalla retorica nazionale, dovette rammaricarsi di non aver avuto fame né paura.
Parlo della generazione ‘beat’ e ‘beat’ ha un etimo incerto perché può voler dire battuta musicale e anche battersela. Una generazione che incontrò insormontabili difficoltà nell’esprimersi e nel comunicare con la generazione precedente, dalla quale ereditava una particolare disposizione alla nevrosi collettiva, anziché gli svalutati valori che quella cercava di inculcargli”.
“Il Messaggero”, 29 settembre 1975