Iniziamo la stagione cinematografica 25-26 del Modernissimo rassicurati dalla qualità dei film visti a Cannes e a Venezia: il cinema è vivo e continua ad aiutarci a capire qualcosa del nostro confuso presente.
Goffredo Fofi, meraviglioso Maestro, ci ha lasciato. Ci mancheranno la sua voce, le sue intuizioni, la sua generosità francescana. Ci accompagnerà però per tutta la stagione: gli dedichiamo infatti una nuova rubrica del Modernissimo, Bellezza e bizzaria, geniale selezione che Goffredo aveva curato per Rai Radio 3; ogni film sarà presentato dalla sua voce e ci restituirà la sua cultura felice e divertita, mai banale, che condivideva con una generosità antica, piena di grazia. Questo mese presenteremo Treni strettamente sorvegliati (1966) di
Jiří Menzel, premio Oscar nel 1968, tratto da un romanzo del grande scrittore ceco Bohumil Hrabal. Rimanendo nelle relazioni tra letteratura e cinema, Goffredo sarebbe stato felice della nostra scelta per la rubrica Era meglio il
libro?: Furore, romanzo di Steinbeck del 1939, divenuto, l’anno successivo, un film di John Ford. Benché abbiano più di ottant’anni, sono entrambi così moderni da parlare anche del nostro presente, della finanza che distrugge
le vite degli esseri umani, dello sfruttamento del lavoro, di donne, uomini e bambini trasformati in schiavi.
L’ultima volta che Fofi è venuto al Modernissimo è stato per visitare la mostra e parlare di Simenon, e certo gli arebbe piaciuta la rassegna sul noir alla francese, affascinante viaggio tra registi eccelsi e attori all’altezza di personaggi leggendari. In nessun paese, come in Francia, il noir è stato il territorio dove gli autori, da Carné a Clouzot, da Melville a Godard, da Sautet ad Audiard, hanno sperimentato nuovi linguaggi e nuove forme di racconto, difesi, come protetti, da un genere che contribuivano a cambiare.
Nei mesi di chiusura del Modernissimo sono arrivati sugli schermi italiani moltissimi film e vi offriamo una nostra selezione delle opere che ci sono parse più interessanti, tra autori riconosciuti come Steven Soderberg e Mike
Leigh e sorprese come El Jockey, uno dei film più imprevedibili dell’edizione 2024 di Venezia, ignorato in tutti i palmarès: una piccola opera argentina, che per tanti dettagli ci ricorda Kaurismäki (e il DoP del film è lo stesso di
Aki, Timo Salminen) e che narra le gesta di un fantino che deve conquistare il suo amore, una fantina…
Cinquantacinque anni, undici candidature agli Oscar, nessuna vittoria, profondo conoscitore della storia del cinema, che ha imparato ad amare guardando e riguardando le vhs dei genitori; cineasta autodidatta, Paul Thomas
Anderson è una delle voci più originali del cinema statunitense contemporaneo. Il suo decimo film, Una battaglia dopo l’altra, uscirà in tutto il mondo il 26 settembre. Con un cast stellare (DiCaprio, Penn, del Toro), è ispirato
a Vineland, grande romanzo politico sulla società contemporanea scritto da Thomas Pynchon sul finire del Novecento. Non lo abbiamo visto, ma siamo felici di scommettere su un autore che non ci ha mai deluso e di cui vogliamo rivedere tutti i lungometraggi.
Nel 1984 ospitammo Werner Herzog al Lumière, che allora era in via Pietralata, per dedicargli una retrospettiva completa, in occasione dell’invito che gli aveva fatto il Teatro Comunale per dirigere a Bologna la prima della versione ricostruita del Doktor Faust, capolavoro incompiuto di Ferruccio Busoni. Era la prima volta che Herzog accettava di dirigere un’opera e per essere più vicino al teatro scelse di dormire nel suo Transporter, parcheggiato sotto al Giardino del Guasto, rivoluzionando i riti e le regole della lirica italiana e del nostro Teatro Comunale. Fece costruire sul palco una vera montagna che gli artisti dovevano scalare cantando e impose che in scena ci fosse una vera pecora, che, ovviamente, per la disperazione dei melomani, belava durante lo spettacolo.
Questo ricordo mi aiuta a introdurre l’unicità di un autore a cui, quest’anno, è stato attribuito il Leone alla carriera e che onoriamo con un ampio omaggio dedicato alla prima parte della sua opera; presentiamo anche Burden of Dreams di Les Blanc, film essenziale per capire le relazioni profonde tra Fitzcarraldo e lo stesso Herzog. Coppola nella laudatio che ha preceduto la consegna del Leone, ha parlato dell’opera di Herzog come di una vera Enciclopedia sull’umanità.
Un’opera tra le più singolari, coerente, autarchica, che un giovane critico francese che sarebbe divenuto un famoso romanziere, Emmanuel Carrère, definì nei primi anni Ottanta “una volontà di estasi, un’opera che si pone in un anacronismo totale, straniera al suo tempo e forse al Tempo. Cosa può dirci oggi questo poeta romantico tedesco?”. Herzog cinquant’anni dopo il suo primo film continua a essere una delle voci più sincere del cinema contemporaneo.
L’8 settembre non è solo una data infausta nella storia italiana, ma è anche la data di nascita di uno degli attori più personali ed essenziali della storia del cinema. Peter Sellers nasceva cento anni fa, non potevamo non ricordarlo,
soprattutto in questi tempi amari, dove il suo personaggio del Dottor Stranamore sembra essere un potenziale comprimario nella galleria di mostri che governa i nostri destini mondiali.
È una delle attrici più sensibili e uniche del cinema francese ed europeo. Fa parte di quella ristretta schiera di interpreti che possono essere considerate come coautrici dei film a cui partecipano, tanto essenziale è sempre il suo contributo. Dal 2003 Valeria Bruni Tedeschi è anche regista, certificando un talento sorprendente e una voce personale e originale. Il 10 settembre sarà a Bologna per presentare all’Arena Puccini Duse, il nuovo film di Pietro
Marcello che la vede protagonista, e ha accettato di aprire la stagione del Modernissimo con il suo primo film da regista, È più facile per un cammello… Non potevamo sperare in un inizio più felice: con la sua intelligenza, la sua
follia creatrice, il suo coraggio, Valeria rappresenta i talenti che ci aspettiamo in questa nuova stagione del Modernissimo. Benvenuti!