Il grande Lebowski

(The Big Lebowski, USA/1998) di Joel e Ethan Coen (117')
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Il grande Lebowski

(The Big Lebowski, USA/1998) di Joel e Ethan Coen (117')

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Regia: Joel Coen. Soggetto e sceneggiatura: Joel Coen, Ethan Coen. Fotografia: Roger Deakins. Montaggio: Joel Coen, Ethan Coen, Tricia Cooke. Scenografia: Rick Heinrichs. Musica: Carter Burwell. Interpreti: Jeff Bridges (Jeffrey ‘The Dude’ Lebowski), John Goodman (Walter Sobchak), Steve Buscemi (Donny), Julianne Moore (Maude Lebowski), David Huddleston (Jeffrey Lebowski), John Turturro (Jesus Quintana), Philip Seymour Hoffman (Brandt), Tara Reid (Bunny). Produzione: Ethan Coen per Working Title. Durata: 118’
Copia proveniente da Universal Pictures per concessione di Park Circus
Restaurato in 4K nel 2018 da Universal Pictures presso il laboratorio NBCUniversal Studio Post

All’uscita sugli schermi statunitensi nel 1998, Il grande Lebowski non ottenne il riscontro di pubblico che l’Oscar alla sceneggiatura e gli incassi del precedente Fargo potevano far presagire. Eppure, negli anni successivi, il film si è trasformato in un vero e proprio oggetto di culto, con tanto di festival e raduni celebrativi a uso e consumo dei fan.
Quali sono i motivi dell’idolatria? La consapevolezza e la sagacia formale e narrativa esibite dal film. La disinvolta mescolanza di generi come il noir, il musical, il western, tra i quali s’impone il registro comico e ironico. Le allusioni e le citazioni cinematografiche. Ancora, l’aspetto onirico e surreale, che arricchisce la narrazione col ricorso al sogno e al grottesco. Il racconto a sua volta particolarmente complesso: se il pretesto da commedia degli equivoci che dà avvio alla vicenda è uno scambio di persona, con lo spiantato Dude confuso con l’omonimo milionario, la quest principale ruota attorno al rapimento di Bunny, ma gira a vuoto e i suoi presupposti si rivelano totalmente infondati, nonostante le esche, gli indizi e i misteri abilmente disseminati. Si aggiungano una galleria di personaggi esilaranti e sfaccettati, una serie di situazioni bizzarre, il tono che oscilla tra spinte furiosamente comiche e incursioni visionarie, e un catalogo visivo fatto di dettagli, ralenti, punti di vista zenitali, carrellate virtuosistiche e soggettive eccentriche (celeberrima quella dall’interno di una palla da bowling che rotola).
Ma il reale motore del successo del film è lui: Jeffrey ‘The Dude’ Lebowski, personaggio-faro nella fitta rete di raddoppiamenti e atti casuali che costruiscono l’universo poetico del racconto. Pigro, indolente, privo di un’occupazione, Dude vive e lascia vivere, assumendo tratti involontariamente zen nel suo farsi scorrere addosso gli eventi e nel sopportare con stoica rassegnazione la sequela di accadimenti in cui si trova suo malgrado coinvolto. Dude è un outsider, una figura anacronistica, consapevole della propria marginalità e capace di rivendicarla di fronte al mondo. L’icona di una filosofia di vita che il motto “The Dude abides” (The Dude sopporta) mirabilmente riassume.

Alice Autelitano

Così come Blood Simple – Sangue facile ‘deriva’ da Il postino suona sempre due volte, e Crocevia della morte da Piombo e sangue, così Il grande Lebowski deve molto a Il grande sonno: volevamo comunicare una sensazione di storia raccontata come una versione moderna di Chandler; è il motivo per cui andava ambientata a Los Angeles. Volevamo uno svolgimento narrativo, una storia che si muove come in un libro di Raymond Chandler attraverso parti diverse della città e attraverso differenti classi sociali. Questo è il risvolto che ci interessa quando scriviamo una sceneggiatura.

Joel ed Ethan Coen

 

Serata promossa da Conapi / Mielizia
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Versione originale in inglese con sottotitoli in italiano

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