La conversazione

(The Conversation, USA/1974) di Francis Ford Coppola (113')
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La conversazione

(The Conversation, USA/1974) di Francis Ford Coppola (113')

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Regia e sceneggiatura: Francis Ford Coppola. Fotografia: Bill Butler, Haskell Wexler. Montaggio: Richard Chew. Scenografia: Doug Von Koss. Musica: David Shire. Interpreti: Gene Hackman (Harry Caul), John Cazale (Stan), Allen Garfield (Bernie Moran), Frederic Forrest (Mark), Cindy Williams (Ann), Michael Higgins (Paul), Elizabeth MacRae (Meredith), Teri Garr (Amy Fredericks), Harrison Ford (Martin Stet), Robert Duvall (Mr. C.). Produzione: Francis Ford Coppola per The Directors Company. Durata: 113’
Copia proveniente da StudioCanal

Per me un film politico non è un film che discute di politica, è un film che cambia lo spirito della gente su un determinato argomento. Il film più politico del mondo potrebbe essere un film che non ha un solo argomento politico.

Francis Ford Coppola


Incastrato fra due prodotti colossali (Il padrino n. 1 e n. 2), La conversazione è un piccolo gioiello di semplicità nella struttura narrativa e per forza drammatica. Allude agli avvenimenti reali del Watergate, intuisce in anticipo sui tempi il costume (e il malcostume) di un’epoca. […] Il film vince la Palma d’oro bruciando sul filo di lana altri eccellenti prodotti del nuovo cinema americano (ad esempio Sugarland Express di Spielberg). […] Ancora una volta Coppola riesce a coniugare il genere americano con la poetica europea: l’esempio più lampante di una cinefilia eurocentrica è il riferimento, che viene spontaneo, a Blow-Up; come nel film di Antonioni, nella Conversazione la realtà è costruita (e subito dopo messa in discussione), pezzo per pezzo, attraverso i suoi frammenti, i suoi indizi. Come il fotografo londinese ‘sviluppa’ e ‘ingrandisce’ un particolare insignificante per ricavare la realtà fattuale o una prospettiva di essa, così il bugger di San Francisco Harry Caul ‘filtra’ e ‘amplifica’ i suoni per interpretare la realtà da una certa angolazione, da un certo punto di vista (o di ascolto). […] L’angolazione prospettica del film ricorda del resto molto da vicino La finestra sul cortile, dove James Stewart è un fotografo immobilizzato, con un campo visivo ridotto, una finestra appunto. Anche qui l’obiettivo adotta l’orizzonte del protagonista, limitante ma anche stimolante, capace di evocare una realtà possibile.
Hitchcock e Antonioni, certo, fanno uno strano mélange; forse una miscela esplosiva. Fatto sta che Coppola riesce a conciliare i due mondi, innestando l’Europa nell’immaginario americano. Europeo è l’atteggiamento ‘filosofico’ dell’autore: il dubbio, la sospensione del giudizio, l’epokè (la colpa che fa di Caul un moderno Raskolnikov dell’era elettronica, dove il delitto è la stessa cattura della realtà, l’elevazione a protagonista del mezzo – in questo caso i fantastici registratori a tecnologia sofisticata — al posto del messaggio). […] Ma c’è da dire che il mito europeo, stavolta, incontra un’immagine forte d’America, rappresentata da un volto: Gene Hackman. Hackman è l’America media, anonima, quotidiana. “Monsieur tout le monde” lo chiama Michel Cieutat in un saggio su “Positif”. Un attore che pare fatto apposta per “denunciare attraverso la sua apparenza anodina il sogno americano, che ha condotto il genere d’uomo che egli rappresenta all’impasse della perplessità”.

Vito Zagarrio


 

Serata promossa da Pelliconi
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