Collezionisti in fiera

Tra le presenze più affascinanti della Book Fair, ci sono loro: gli antiquari. Con le loro collezioni di locandine, manifesti, brochure, fotografie, libri e rarità d’epoca, trasformano gli stand in piccoli scrigni di memoria. Oggetti spesso tenuti con cura per decenni, che ci permettono di riscoprire epoche passate, rivivere emozioni d’infanzia o immaginare un tempo che non abbiamo vissuto, ma che attraverso la carta prende forma. Abbiamo parlato con alcuni di loro, che ci hanno raccontato il perché della loro passione e cosa rende questi oggetti così speciali.

Marco Citron – On Paper

Perché ha scelto di partecipare di nuovo a questa edizione? Cosa trova, ogni anno, che la convince a tornare alla Book Fair?
Per una ragione commerciale, certo, ma anche per l’atmosfera unica che si respira.

Quali sono i criteri con cui sceglie i volumi o gli oggetti da proporre
Scelgo puntando su locandine particolari e qualche autografo che riesce a catturare l’attenzione.

Qual è, secondo lei, l’elemento che fa davvero la differenza nella scelta di un oggetto da collezione: la rarità, la storia o l’occhio di chi lo sceglie? 
La rarità è un concetto relativo. È sicuramente un motivo d’interesse per i collezionisti, ma ce ne sono tante, soprattutto storiche. Se il materiale non suscita interesse, allora non funziona. Ci sono generi, periodi, attori che attirano di più. È più facile creare interesse con qualcosa di popolare piuttosto che con una rarità assoluta. La sfida sta nel trovare materiale che susciti interesse.

C’è un tema, un autore o un’epoca che incuriosisce di più il pubblico?
In generale, il periodo che va dagli anni ‘20 fino agli anni ‘90 è quello che attira di più; il periodo considerato l’epoca d’oro del cinema.

Primo Giroldini – La Bottega del Cinema

Quest’anno torna per il tredicesimo anno, cosa rende per lei questa fiera un appuntamento irrinunciabile?
Ogni anno torno perché è un’occasione importante per proporre materiali della mia collezione privata, che ho accumulato in oltre quarant’anni. Ma è anche un momento per incontrare operatori, persone legate al mondo del cinema: produttori, registi, documentaristi, cineteche, collezionisti.

Cosa porterà quest’anno? Ci sono volumi o curiosità che vorrebbe segnalare? 
Porto come sempre materiali molto diversi: poster, locandine, brochure, fotografie, cartoline promozionali. Gli oggetti vanno dagli anni ’20 fino agli anni ’80 e ’90. Un tempo i poster erano bozzetti veri e propri, disegnati a mano, oggi invece prevale l’elemento fotografico.


Quando si guarda un oggetto antico, qual è la qualità che lo rende davvero unico?
Conta molto il periodo storico, il regista, l’autore, il paese di provenienza. L’oggetto è importante in quanto memorabilia cinematografica. Non è tanto una questione di approfondimento critico, questo è un settore che ruota intorno alla memoria, alla passione, agli oggetti.

Secondo lei, cosa attrae così tanto le persone verso gli oggetti d’antiquariato o i materiali d’archivio? Cosa li rende così affascinanti?
Ci sono forti componenti soggettive. Io, da bambino, avevo la mania delle locandine: le chiedevo, a volte le prendevo senza autorizzazione. Avevo interi album dedicati ad attori. È qualcosa di totalizzante. Ognuno ha il suo percorso personale, una propria storia.
Quindici anni fa ho cominciato a disfarmi di parte della collezione, una specie di “liberazione dalla malattia”. Negli ultimi anni ho anche organizzato una mostra su tutto l’universo pasoliniano e l’ultima collezione su cui sto lavorando è proprio quella dedicata a Pasolini. 

Mario La Scala

Come nasce la sua attività da collezionista?
Io e mia moglie siamo collezionisti di cartaceo: dai libri di cucina ai manifesti, dai dischi alle locandine. In tanti anni abbiamo accumulato un’infinità di cose. Col tempo abbiamo raffinato il gusto e oggi selezioniamo con attenzione tutto quello che trattiamo, dal modernariato al materiale cinematografico.

Cosa troveranno i visitatori nel suo stand
Abbiamo ereditato una quantità enorme di materiale cinematografico da mio suocero, che frequentava i Lumière. Nel collezionismo ci sono sempre quei pezzi che non passano mai di moda come dischi in prima edizione e i cartelloni del cinema muto. Abbiamo anche una seconda edizione originale di Casablanca, del 1949.
Cosa spinge, secondo lei, tante persone a cercare e custodire oggetti del passato?
Io credo che i collezionisti abbiano paura di morire, e allora accumulano. Ho sempre guardato al collezionismo con un certo sospetto, non in modo del tutto positivo. Personalmente, provo piacere ad ascoltare i dischi. Alcuni li conosco così bene che so esattamente dov’è il punto in cui saltano, per quanto sono stati suonati. Il piacere sta nel possederli, ma anche nel viverli.
Non è facile separarsi da certi oggetti. Li cerchi, li trovi… ma poi non riesci a lasciarli andare. È una specie di innamoramento infantile. A volte mi dico: “Questo lo do via, lo elimino”, ma è difficilissimo. È molto più facile continuare ad accumulare.