[Un] mix di sensualità e innocenza caratterizza la più interessante delle sorelle Lisbon, Lux. Fedele al suo nome, questa donna-bambina irradia intorno a sé una luce particolare. […] Per quel ruolo Sofia ha bisogno di un’attrice speciale. In realtà tutto il casting delle sorelle Lisbon è fondamentale: devono essere di una bellezza pura e romantica, ma non distante o altera. Per le parti minori la regista sceglie quattro esordienti, ma la ricerca di Lux appare da subito più difficile. È lei la protagonista del film, la ribelle che infrange le regole di casa Lisbon, provocando l’assurda reazione della madre. […] Dopo una serie infinita di provini insoddisfacenti, a Sofia torna alla memoria l’immagine di una giovanissima attrice professionista, Kirsten Dunst. Bambina prodigio del cinema, la Dunst all’epoca è già una piccola star dopo la partecipazione a Intervista col vampiro e Piccole donne. Sofia è affascinata da quel volto di porcellana, dalla sua freschezza infantile spesso velata da uno sguardo malinconico e già adulto. È così sicura di volerla per la parte che aspetta con pazienza che la ragazzina finisca di girare un altro film. Ma ne vale la pena: Kirsten Dunst ‘è’ Lux, e il film deve molto alla sua interpretazione. Oltretutto da quell’incontro professionale nasce una bella amicizia, tanto che nel 2000 Sofia presterà alla Dunst uno dei suoi abiti più belli da indossare al ballo di fine anno a scuola.
Maria Francesca Genovese, Sofia Coppola. Un’icona di stile, Le Mani, Genova, 2017


Ero davvero contenta di avere attori della stessa età dei personaggi: mi irrita quando nei film ci sono dei ventiquattrenni a interpretare degli adolescenti. C’è una differenza così grande tra un sedicenne e un ventenne. Hanno uno sguardo completamente diverso. Ho più esperienza nel lavorare con giovani attori. Gli attori nel mio cortometraggio [Lick the star, 1998] erano tutti liceali, ma lavorare con James Woods e Kathleen Turner è stato davvero diverso per me. Mi sono sentita più vicina ai ragazzi che ai genitori – so com’è quell’età, specialmente per le ragazze. A volte mi sono sentita un po’ come l’istruttrice di un campo estivo. È stato interessante perché molti di loro non avevano mai recitato prima, ma Kirsten e alcuni altri erano così esperti e competenti riguardo al cinema. Mi è piaciuto perché con loro non sembrava lavoro. Associavano il recitare al fare una recita o qualcosa del genere – non lavoro ma divertimento.
Sofia Coppola, dal pressbook originale del film


Sofia vuole riprodurre in immagini l’atmosfera onirica e impalpabile che permea tutto il romanzo. Ma in che modo? Impregnando i fotogrammi di un ‘realismo magico’ difficile da dimenticare: se le fanciulle sono dee allora devono apparire in sogno ed essere ammalianti, magiche appunto. Sono baciate da una luce dorata, la sovrimpressione le fa volare all’altezza delle nuvole, hanno il cielo negli occhi e il sole nei capelli. E accanto a loro appaiono creature magiche, come l’unicorno che vediamo nella sequenza collegata alla lettura del diario di Cecilia. Quest’ultima, come una piccola madonna, appare ai ragazzi anche dopo la morte, a testimoniare la sua essenza sovrannaturale. Durante le numerose sequenze oniriche le ragazze, perfette icone dei sogni adolescenziali, sono sempre sorridenti e allegre, ed è questa l’unica differenza rispetto alle sequenze non dichiaratamente tali. Per il resto tutto il film, pur non tralasciando il dettaglio d’epoca, è avvolto da un’aura trasognata e surreale. Che però, improvvisamente, può trasformarsi in tragedia. Allora la fotografia sapiente di Edward Lachman abbandona i toni caldi dell’oro per lasciare spazio ai colori lividi e bluastri della morte, del senso di vuoto, del freddo interiore. Sono i colori che disegnano lo sguardo di Cecilia agonizzante nella vasca da bagno, o gli interni di casa Lisbon la sera del suicidio collettivo. […]
Maria Francesca Genovese, Sofia Coppola. Un’icona di stile, Le Mani, Genova, 2017


Ho messo insieme un libro di riferimenti visivi – fotografie – per mostrare come avrei voluto fare il film. […] Il mio rapporto con la fotografia è iniziato quand’ero ragazzina negli anni Ottanta, guardando riviste di moda. Andavo anche alle fiere d’arte con mia madre, che m’incoraggiò a collezionare fotografie, all’epoca era l’arte più accessibile. A una fiera vidi per la prima volta le fotografie di Bill Owens – la sua serie sulle periferie – così quando ho iniziato a lavorare a Il giardino delle vergini suicide le immagini di Owens sono diventate un punto di riferimento. Ho acquistato una stampa: un’immagine di ragazze al ballo della scuola con le stelle appese al soffitto. Avevo sicuramente in mente quell’immagine quando lavoravo al film.
[…] Ho realizzato questi libri di fotocopie a colori, che includevano fotografie dalla serie Suburbia (1973) di Bill Owens, dal Playboy” degli anni Settanta, con ragazze acqua e sapone e uno stile soffuso, e quelle a colori di Eggleston. La storia del film è un ricordo, ricreato attraverso istantanee sbiadite. Ho lavorato con Ed Lachman, il direttore della fotografia, mostrandogli attraverso le fotografie come avrei voluto che fosse il film. È il modo in cui inizio ogni film, seduta col direttore della fotografia e con il reparto scenografico, guardando fotografie e spiegando “questo è l’aspetto o la sensazione che vorrei produrre”, così che ciascuno ne sia informato. Per me sono sempre il punto di partenza le immagini.
Sofia Coppola, “Film & Foto”, n. 231, estate 2018


Mentre scrivevo, ascoltavo musiche adeguate all’atmosfera del film. Brian Reitzel, che si è ocupato con me delle musiche, aveva creato delle compilation che ascoltavo, prendendo appunti. Nella mia mente si formano immagini abbastanza chiare dell’atmosfera generale e delle singole scene. Prima, durante la fase di scrittura, ascoltare gli Air mi aveva aiutato a collegare alcuni temi. Non sapevo già che la loro musica sarebbe stata quella del film.
Sofia Coppola, in Sofia Coppola Interviews, a cura di Amy N. Monaghen, University Press of Mississippi, Jackson 2023


La maggior parte del film è musicata dagli Air, una band francese che Sofia adora. Per la musica d’epoca abbiamo scelto ELO, 10CC, Carol King, Styx, Janice Ian, Jefferson Starship, James Taylor, Bread, Elton John, Todd Rundgren, Cat Stevens, e Heart. Abbiamo utilizzato musica d’epoca solo all’interno del racconto, come se fossero canzoni alla radio o al ballo della scuola. Alcune scelte vengono direttamente dal libro, ma soprattutto ho letto la sceneggiatura e ho ascoltato molti dischi. Non volevo scegliere le canzoni più scontate, volevo quelle un po’ meno note, che non si sentono più tanto. Era importante che la musica toccasse qualche corda intima che riuscisse a trasportarci in quel periodo. Ma soprattutto doveva adattarsi alla realtà della scena. Poi, dopo le riprese, guardavamo e ascoltavamo insieme per essere sicuri che funzionasse.
Brian Reitzel (supervisore delle musiche), dal pressbook originale del film