Il libro, scritto da Julia Donaldson e illustrato da Axel Scheffler, è stato pubblicato per la prima volta nel 1999 nel Regno Unito. Tradotto in più di cinquanta lingue, ha venduto oltre tredici milioni di copie in tutto il mondo, ricevendo innumerevoli premi. Un vero e proprio ‘fenomeno’, testimoniato dalla proliferazioni di gadget e prodotti derivati: dalle t-shirt agli ombrelli, dalle calze ai pigiami, dai puzzle ai peluche.
Ma come trasporre sullo schermo un best-seller della letteratura per l’infanzia rispettando lo spirito dell’originale? I produttori Michael Rose e Martin Pope hanno identificato nello Studio Soi – autentica fucina di giovani e talentuosi
animatori tedeschi – l’opzione migliore per portare sullo schermo le avventure del Gruffalò. La regia è stata affidata a Jakob Schuh e a Max Lang che hanno deciso di unire computer grafica e animazione a passo uno, soluzione che consentiva sia la fedeltà all’originale, sia l’esplorazione di nuovi territori visivi.
Quando si adatta un’opera molto amata bisogna prendere seriamente il fatto che quella storia sta a cuore a molte persone. Non potevamo permetterci di fare un film che piacesse loro meno del libro. Mi è sembrata una buona idea creare un universo tridimensionale, ma ho anche voluto conservare l’aspetto ‘tattile’ e umano delle tavole di Axel Scheffler, le loro imperfezioni, le pennellate, le macchioline d’inchiostro: di qui il ricorso all’animazione a passo uno. La computer grafica è molto più gratificante della tecnica a passo uno perché permette di elaborare più facilmente una scena fino a renderla perfetta. Con la stop-motion sarebbe stato molto più difficile, soprattutto tenendo conto che lavoravamo con un budget ridotto. La cosa più importante, comunque, è metterci l’anima. Max e io volevamo che il film fosse a un tempo incantevole e accattivante. Quando un genitore legge il libro a suo figlio, ci mette umanità e calore: nel film toccava a noi trasmettere queste emozioni.
(Jakob Schuh)
I modellini degli scenari sono stati pensati per dare un’impressione di tridimensionalità: grazie alla cura per i dettagli, la foresta doveva quasi poter vivere di vita propria. Il computer è stato usato per animare i personaggi, lavorando con grande precisione sulle espressioni facciali e la ‘recitazione’.
L’ulteriore sfida consisteva nel trasformare un libro di 32 pagine e di poche centinaia di caratteri, che può essere letto in cinque minuti, in un film di quasi mezz’ora (lo Studio Soi fino ad allora non aveva mai girato corti di durata superiore agli otto minuti!). Il Gruffalò ha impegnato una quarantina di persone per due anni. Trasmesso per la prima volta in Gran Bretagna sul primo canale della BBC nel giorno di Natale 2009, è stato visto da quasi dieci milioni di telespettatori, per poi prendere parte a una quarantina di festival in tutto il mondo. Un successo planetario coronato dalla candidatura all’Oscar per il miglior corto d’animazione.