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Come molte divinità, Bob Dylan è un figura imprendibile, una costruzione mitologica solo in parte ancorata al mondo del reale: uno e centomila, premio
Pulitzer, premio Oscar, unico cantautore ad aver ricevuto il Nobel per la
letteratura. Per cercare di rappresentarne tutte le diverse incarnazioni Todd
Haynes nel suo fanta-biopic ha avuto bisogno di cinque attori e un’attrice,
Martin Scorsese ha dovuto fare un documentario che costeggia la verità,
mescolando liberamente realtà e finzione. Il fortunato A Complete Unknown di
James Mangold ne racconta appena quattro anni di vita – dal 1961 al 1965
–, che non solo bastano ampiamente a riempire un intero film, ma sembrano
quasi stare stretti nei dettami della narrazione tradizionale. A sessant’anni dalla
svolta elettronica e dal seminale Highway 61 Revisited, a cinquanta dal Rolling
Thunder Revue, festeggiamo il mito dylaniano: lui non è qui, ma noi non
rinunciamo a cercarlo.
(USA/2019) di Martin Scorsese (142′)
(Pat Garrett & Billy the Kid, USA/1973) di Sam Peckinpah (122′)
(USA/2024) di James Mangold (141′)
(I’m Not There, USA/2007) di Todd Haynes (135′)