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Lunedì 28 luglio, ore 21.45, il film di Roberto Beani sul quartiere bolognese
Un doc per raccontare il Pilastro: lo ha realizzato Roberto Beani e lo vedremo lunedì 28 luglio, alle ore 21.45 in Piazza Maggiore, nell’ambito della manifestazione Sotto le stelle del cinema.
Il quartiere Pilastro è un complesso di edilizia popolare costruito negli anni Sessanta alla periferia di Bologna ed è stato noto al pubblico per episodi di criminalità. Attraverso la storia del Pilastro e le vite dei suoi residenti, il documentario esplora il rapporto tra progetto architettonico ed esperienza vissuta, tra la progettazione di uno spazio e l’atto di abitarlo. Solleva interrogativi sullo sviluppo urbano, le aree suburbane e l’integrazione dei nuovi abitanti, riflettendo su come le città stanno cambiando, con nuove sfide e opportunità.
Così lo racconta il regista: “Abitare non è solo occupare uno spazio fisico, ma anche costruire relazioni, far parte di una comunità. In questo senso, l’architettura – e ancor prima l’urbanistica – gioca un ruolo decisivo nel disegnare comportamenti sociali, nel favorire od ostacolare legami, nel plasmare la quotidianità di chi abita le periferie. Nel 2021 ho tenuto un corso alla Cineteca di Bologna sulle tecniche di reportage e con i ragazzi abbiamo fatto un piccolo lavoro sul Pilastro. Lì mi sono reso conto di quanto fosse interessante e mi è subito venuta voglia di farne un documentario. Caso ha voluto che Bruna Gambarelli di Laminarie contattasse poco dopo la casa di produzione con la quale lavoro sempre, la Lab Film di Mauro Bartoli. Così mi sono subito proposto per fare il regista. Bruna e il DOM sono state le corsie preferenziali per entrare in contatto con alcune realtà, poi da lì si è sviluppato il lavoro con un meccanismo anche un po’ a cascata, grazie soprattutto alle interviste e agli archivi di Laminarie, Cineteca, Acer e Biblioteca Luigi Spina che mi hanno aperto altre possibilità. Quella del Pilastro è una storia non subita ma fatta attivamente dai cittadini, dalla loro ferma volontà di dire la propria sulle trasformazioni del quartiere e da iniziative di comunità. Questa tenacia ha dato i suoi frutti perché sono moltissime ancora oggi le persone felici di vivere qui. Certo, l’eredità di quel senso civico non so se è una specie di vaccino che durerà per sempre, ma ha funzionato. Tra le tante persone che ho intervistato non tutti hanno ovviamente le stesse idee e, sebbene ci sia anche molta rabbia rispetto a un isolamento mai risolto (vedi anche le ultime notizie sul tram che forse qui non arriverà mai), non ho mai però avvertito rassegnazione. Poi non bisogna dimenticare che il Pilastro è parte del mondo di oggi con i problemi di oggi. Ma c’è ancora un collante sociale che resiste ed è rappresentato da tutte quelle realtà del terzo settore che si occupano di sopperire alle falle della politica e alle conseguenze di un mondo sempre più individualizzato. E questo è possibile anche grazie a quell’architettura che ha permesso tutte quelle zone in between difficilmente classificabili tra spazi privati e spazi pubblici, ma fondamentali per favorire le relazioni”.