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Capolavoro titanico, visionario, wagneriano, “è ispirato a Cuore di tenebra di Conrad, ma si rifà a una vasta gamma di testi letterari (Eliot, Kipling, Frazer) e soprattutto attinge all’immaginario del romanzo americano ottocentesco. Nel Vietnam di Coppola, la massa scura degli alberi si configura come il simbolo di una natura arcaica e terribile, che si fa beffe della ragione della Storia che l’uomo bianco vorrebbe imporle” (Giaime Alonge). La lavorazione è una delle più imponenti e complicate di sempre. Secondo il regista, dopo quella del 1979 (“accorciata troppo brutalmente”) e la monumentale Redux (“forse troppo lunga”), Final Cut è finalmente la versione “perfetta”. “È un’esperienza sensoriale straordinaria, con colori profondi e un suono sfaccettato che amplifica l’effetto ipnotico del film” (John DeFore).