L’abbaglio

(Italia/2025) di Roberto Andò (131')
L’abbaglio

(Italia/2025) di Roberto Andò (131')

Con: Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Tommaso Ragno e Giulia Andò

Classificazioni:
Età 6+ Uso di armi
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È il 1860 e Giuseppe Garibaldi, assieme al suo tenente Vincenzo Orsini, è a un passo dal cominciare la famigerata spedizione dei Mille. Poco prima della partenza vengono arruolati per puro caso Tricò, un contadino zoppo, e Spitale, un baro, i quali diserteranno il conflitto alla prima occasione; i due paesani e il tenente finiranno per incontrarsi di nuovo lungo la spedizione, scandita nel frattempo da una serie di disavventure per i siciliani e conquiste (e sconfitte) per le camicie rosse.
L’abbaglio è tecnicamente impeccabile. L’epopea risorgimentale di Roberto Andò è una Iliade dei furbacchioni, un canto gregoriano sull’arte di arrangiarsi, un romanzo sull’ambiguità degli ultimi. Sia chiaro, non ci troviamo di fronte alla poetica vigliaccheria dei Sordi e Gassman de La grande guerra, [...] ma allo stesso tempo non ci troviamo neanche davanti ai ritratti autoconsolatori di molta cinematografia meridionalistica, con gli eterni vessati e gli irriducibili padroni. Il film è una vera e propria avventura antropologica nella Sicilia nascosta di un tempo piccolo, che il potenziale della macchina da presa restituisce con l’abilità di un prestigiatore commosso. Sullo sfondo dell’avventura bellica degli ultimi Domenico e Rosario scorrono la miseria, il sangue, la desolazione, l’apprensione, l’incoscienza, ma anche l’amore per la vita, l’eroismo e, dulcis in fundo, la vigliaccheria, l’individualismo del siciliano superiore ai cortigiani o che vuole sentirsi tale. E ci vuole un occhio composto, puntuale per rappresentare così felicemente tutte queste cose. [...] Beh, ormai possiamo dirlo, i tempi sono maturi: da un punto di vista cinematografico Gigi Magni sta alla storia di Roma come Roberto Andò sta alla storia siciliana. La storiografia pura, vera, che forse è anche un po’ più nobile del cinema stesso.
Gianmarco Cilento, Avanti!
“A differenza di Jacovacci/Sordi e Busacca/Gassman de La grande guerra, l'azione di Tricò e Spitale non è un sacrificio estremo bensì un isolato gesto generoso compiuto una tantum, ispirato dall’idealismo altrui, che non avrà nessuna conseguenza nelle loro esistenze. Lo sguardo di Orsini sui due uomini è lo stesso di Andò sulle contraddizioni dell'Italia che, oscillante fra generosità e egoismo, è diventato un paese mancato. L’abbaglio del titolo è quindi doppio: l'inganno tattico di Garibaldi in cui sono caduti i borboni e l'illusione in un'Italia civile e onesta in cui sono caduti Orsini e tutti gli idealisti.”
Roberto Chiesi, Cineforum
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