Le foto del babbo

Trent’anni al “Resto del Carlino”. Trent’anni da fotoreporter a guardare e a raccontare Bologna e quello che accadeva. Giornate a cercare la notizia, ad accompagnare i giornalisti, a seguire comizi, funerali, adunate, eventi sportivi, spettacoli, disgrazie; e poi le notti a fare la chiusura, ad aspettare le bozze appena uscite dalle rotative o a fare ‘il giro’ tra questura e ospedali.

È questo il racconto in prima persona di Nino Comaschi, ricostruito da due innamorati di Bologna, suo figlio Giorgio, attore e performer e Giuseppe Savini, storico, studioso e appassionato di fotografie. Un racconto imbastito attraverso i ricordi e gli aneddoti che Nino ha lasciato, ma soprattutto grazie al suo sterminato archivio fotografico, ora conservato dalla Cineteca di Bologna.

Comaschi lavorò al “Carlino” dal 1935, fino agli anni Settanta, passando pian piano dalla macchina fotografica a quella da scrivere. Anni che portarono dalle adunate oceaniche a un progressivo sgretolamento del regime ormai avviato a passo di marcetta verso la catastrofe. Poi la guerra, la Liberazione e il boom. Una parabola e una comunità che Comaschi ha saputo cogliere anche dietro le quinte delle occasioni ufficiali, grazie al suo sguardo disincantato e “distratto” – come preferiva definirlo –, attento agli aspetti modesti e quotidiani, a volte bislacchi, del vivere.

“Non mi sarei mai immaginato di raccontare Nino, mio babbo, in questo modo. Calandomi nei suoi panni, parlando con la sua voce. Dovevo incontrare Ioffa Savini che un giorno mi ha detto: ‘Nel 2000 avevi ceduto l’archivio delle foto di tuo padre alla Cineteca di Bologna, adesso che è stato sistemato e digitalizzato, è il momento che lo tiriamo fuori e facciamo uno spettacolo’. Ha scritto un testo secondo me bellissimo (al quale io ho aggiunto e adattato sprazzi della mia conoscenza della materia-Nino) andando a pescare l’essenza di mio babbo dalle sue foto e dando una libera, a volte fantasiosa, interpretazione agli eventi, con un’aderenza alla realtà stupefacente. L’idea poi di parlare di Nino in prima persona, che ho considerato geniale, mi ha fatto provare un’emozione alla quale non so se resisterò quando sarò sul palco, con la sua Rollei 6x6 a tracolla” (Giorgio Comaschi).

 

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