Napoli-New York

(Italia/2024) di Gabriele Salvatores (122')
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Arena Puccini
Napoli-New York

(Italia/2024) di Gabriele Salvatores (122')

Con: Pierfrancesco Favino

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Celestina e Carmine sono due orfanelli napoletani che vivono in povertà e si guadagnano qualche moneta giocando d’azzardo. Con l’arrivo presso il porto di Napoli del transatlantico Victory i due fanno la conoscenza di George, il cuoco di bordo; scoprendo che la nave è diretta a New York, città dove si è trasferita dopo il matrimonio Agnese, la sorella di Celestina, i bambini si infiltrano clandestinamente a bordo decisi a raggiungere il nuovo continente, alla ricerca della parente e di una vita migliore.
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“Facendo ritorno alla sua città natale, dove non aveva mai girato prima (fatta eccezione per qualche scena di Denti), Salvatores ritrova con Napoli – New York la sua Napoli e al contempo trova la sua New York. Ma soprattutto recupera la cifra migliore e più convincente del suo cinema – che prese l’avvio proprio sul tema dell’on the road, del viaggio di formazione e di conoscenza di sé – [...] Forse per caso, forse per fortuna, il regista di 8 ½ (1963), di cui lì si volevano seguire le orme, rientra in ballo grazie al ritrovamento di una sceneggiatura inedita a firma Federico Fellini e Tullio Pinelli, risalente a parecchi decenni fa, quando ancora il cineasta riminese scriveva copioni per altri. Occupandosi dunque di un trattamento redatto all’indomani della Seconda guerra mondiale, in pieno clima di ottimismo e con una visione dell’America edenica e salvifica, non ancora inquinata dal senno del poi, Salvatores – da sempre egli stesso un ottimista, o forse meglio sarebbe dire un entusiasta, un vitalista – avverte il bisogno di correggere il tiro non occultando il vero volto dell’America dietro al sogno, manifestatosi nei decenni successivi all’entusiasmo del Dopoguerra. E, soprattutto, tiene presente il cinema di allora, quello che racconta l’Italia e l’America di ieri. Ecco dunque l’omaggio a un altro sommo maestro italiano, Rossellini, nella scena in cui, in una sala newyorchese, si proietta Paisà (1946) [...] Se fosse tutto qui, ovvero un gioco di citazioni e sguardi al passato di un cinema che non c’è più, il film avrebbe l’odore un po’ stantio di pagine ingiallite e celluloide consunta. Per fortuna però questi omaggi sono solo un punto d’appoggio da cui ripartire, rivitalizzando e dando nuova vita a una storia che è innanzitutto quella del cinema, ma di un Paese, anzi di due Paesi, quello di partenza e quello di arrivo.”
Vittorio Renzi, Quinlan.it
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