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Se il cinema di Hong Kong è stato la grande novità internazionale degli anni Ottanta e Novanta, quello coreano si è rivelato la punta di diamante del rinnovamento globale del nuovo secolo. Insieme a straordinari successi musicali (il K-pop) e clamorose affermazioni televisive (Squid Game), la cultura coreana ha prodotto anche un cinema d’autore geniale e imprevedibile. Autori come Park Chan-wook raccontano con violenta intensità una società divisa e traumatizzata, altri come Bong Joon-ho rovesciano i generi dall’interno reinventandone codici e stili, mentre ancora rimpiangiamo il vitalismo anarchico di Kim Kiduk, sospeso tra eros e thanatos – e non dimentichiamo il cinema intimo e profondo di Lee Chang-dong. In mezzo ai big – amati dai festival di tutto il mondo – si muovono figure meno note al grande pubblico ma altrettanto innovative, da Kim Jee-woon a Yeon Sang-ho, capaci di generare blockbuster asiatici. Un quarto di secolo di grande cinema.
(Corea del Sud/2003) di Park Chan-wook (120′)
(Corea del Sud/2017) di Jang Hoon (137′)
(Gongdong gyeongbi guyeok JSA, Corea del Sud/2000) di Park Chan-wook (110′)
(Beoning, Corea del Sud/2018) di Lee Chang-dong (148′)
(Sar-in-ui chu-eok, Corea del Sud/2003) di Bong Joon-ho (130′)
(Gisaengchung, Corea del Sud/2019) di Bong Joon-ho (132′)
(Gisaengchung, Corea del Sud/2019) di Bong Joon-ho (132′)
(Bin-Jip 3, Corea del Sud/2004) di Kim Ki-duk (90′)
(Corea del Sud/2003) di Park Chan-wook (120′)
(Akmareul Boatda, Corea del Sud/2010) di Kim Jee-woon (144′)
(Samaria, Corea del Sud/2004) di Kim Ki-duk (95′)
(Gwoemul, Corea del Sud/2006) di Bong Joon-ho (119′)
(Corea del Sud/2016) di Sang-ho Yeon (118′)