Cominciare da questo film, restaurato dall’Immagine Ritrovata, è il modo migliore per avvicinarsi all’opera di Zurlini, maestro nel rendere poeticamente tutte le sfumature sentimentali e psicologiche della scintilla amorosa che si produce dall’incontro fortuito tra due anime.
In particolare in La ragazza con la valigia, Zurlini ha reso protagonista una di quelle donne che si incontrano, come lui stesso dichiara in un articolo di Dario Zanelli all’indomani della prima del film, “a una festa da ballo in casa di un’amica quando le mogli sono in villeggiatura, a San Siro di giovedì davanti allo sportello delle ‘accoppiate’ da cento lire, in una pensione da poco prezzo, di quelle che hanno la padrona paziente. Non si sa da dove vengono: si sa soltanto dove andranno a finire”.
Parma è lo scenario in cui si svolge la vicenda, città molto cara al regista che vi ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza, tanto che ha voluto che il film fosse presentato lì e, evento eccezionale, la proiezione di gala è avvenuta al Teatro Regio che non aveva mai aperto le porte a un evento cinematografico.
Se la storia del film si concentra intorno all’incontro di Aida con Lorenzo, fratello minore dello scapestrato di buona famiglia, Marcello Fanardi, che l’ha abbandonata, è altrettanto vero che il modo in cui si snoda il racconto restituisce anche un complesso identikit della società italiana. L’Italia si sta trasformando. Alberto Cattini, nell’introduzione alla sceneggiatura del film pubblicata dal Circolo del Cinema di Mantova nel 2000, sottolinea che il copione – più di quattrocento pagine – scritto da Zurlini con Benvenuti e De Bernardi, Medioli e Patroni Griffi, può considerarsi un romanzo che restituisce il clima degli anni Cinquanta che si affacciano nei Sessanta: “le rendite dei ricchi sono ancora legate alla terra, anche se i fattori non sono più ligi, come un tempo, ai temuti padroni; e già avanzano, protervi, i nuovi professionisti del boom economico, gli ingegneri con i tirapiedi e le donnine facili per le trasferte in provincia”.
In una vibrante recensione dal titolo Un poeta d’amore, Morandini afferma che il momento più alto del film, in cui l’amore diventa ‘contemplazione, fantasia, sogno’, corrisponde al lungo primo piano di Lorenzo, interpretato da un giovanissimo e talentuoso Jaques Perrin, che guarda la ragazza in cima alla scalinata neoclassica, avvolgersi i capelli con un asciugamano, a mo’ di copricapo regale per interpretare, scherzosamente, l’Aida di Verdi, le cui note riempiono la casa. ‘È una buona novella’ – prosegue il critico – che il cinema italiano abbia finalmente trovato un ‘temperamento lirico’ come quello di Zurlini.
Michela Zegna, responsabile Archivi cartacei della Cineteca di Bologna