Il 2 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini viene ucciso all’Idroscalo di Ostia. I notiziari sposano subito l’inverosimile tesi fornita da Pino Pelosi, legittimando un resoconto che attribuiva allo scrittore la responsabilità morale del proprio omicidio. Si ricorre al titolo del suo romanzo, Una vita violenta, per tentare di seppellire sotto l’infamia la memoria dell’artista che aveva sempre, meglio di ogni altro, analizzato il degrado della società italiana. Nei decenni successivi, invece, Pasolini è diventato un mito, non è caduto nell’oblio e anzi ha continuato a ispirare artisti di ogni genere e latitudine. Sono passati cinquant’anni, e se ancora la verità sul delitto non è stata scritta, molto possiamo ancora conoscere di quello che Pasolini ha scritto, detto e fatto nell’ultimo mese della sua vita. Attraverso documenti, carte, articoli, appunti, eventi a cui ha partecipato, la mostra ricostruisce la cronistoria delle settimane che precedettero la morte del poeta-regista. Una cesura della storia d’Italia mai davvero ricomposta.