Apre domani, giovedì 12 dicembre, alla Galleria Modernissimo, la mostra Le foto del babbo, ovvero le foto di grande fotoreporter bolognese Nino Comaschi (1907-1980).
La Cineteca di Bologna, che ne custodisce il fondo, dedica un ampio progetto a Nino Comaschi, con un libro, uno spettacolo e, appunto, una mostra, tutto a cura del figlio di Nino, Giorgio Comaschi, e dello storico Giuseppe Savini (con il contributo di Emil Banca).
Lo spettacolo con Giorgio Comaschi andrà in scena al Cinema Modernissimo la notte di San Silvestro, per festeggiare l’arrivo dell’anno nuovo.
E mentre il volume è fresco di stampa per le Edizioni Cineteca di Bologna (pp. 184, € 23), la mostra Le foto del babbo sarà aperta al pubblico dal 12 dicembre al 2 marzo, negli spazi della Galleria Modernissimo, affiancando così le mostre Tutti De Sica e Bar Luna.
Trent’anni al “Resto del Carlino”. Trent’anni da fotoreporter a guardare e a raccontare Bologna e quello che accadeva. Giornate a cercare la notizia, ad accompagnare i giornalisti, a seguire comizi, funerali, adunate, eventi sportivi, spettacoli, disgrazie; e poi le notti a fare la chiusura, ad aspettare le bozze appena uscite dalle rotative o a fare “il giro” tra questura e ospedali.
È questo il racconto in prima persona di Nino Comaschi, ricostruito da due innamorati di Bologna, suo figlio Giorgio, attore e performer, che questa storia la porta anche sul palcoscenico, e Giuseppe Savini, storico, studioso e appassionato di fotografia. Un racconto imbastito attraverso i ricordi e gli aneddoti che Nino ha lasciato, ma soprattutto grazie al suo sterminato archivio fotografico, ora conservato dalla Cineteca di Bologna.
Comaschi lavorò al “Carlino” dal 1935 fino agli anni Settanta, passando pian piano dalla macchina fotografica a quella da scrivere. Anni che portarono dalle adunate oceaniche a un progressivo sgretolamento del regime ormai avviato a passo di marcetta verso la catastrofe. Poi la guerra, la Liberazione e il boom. Una parabola e una comunità che Comaschi ha saputo cogliere anche dietro le quinte delle occasioni ufficiali, grazie al suo sguardo disincantato e “distratto” – come preferiva definirlo –, attento agli aspetti modesti e quotidiani, a volte bislacchi, del vivere.